I dati Inail disponibili a oggi evidenziano che dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2023 in Italia si contano circa 6.700 morti sul lavoro, ovvero oltre tre vite spezzate ogni giorno, e di questi un quarto in itinere verso i luoghi di servizio. Un mese fa, a Firenze, si è consumata l’ennesima tragedia dove cinque lavoratori sono morti e altri tre sono stati ricoverati in ospedale, per il crollo di una trave nel cantiere mentre veniva costruito un centro commerciale. In questi ultimi giorni altri tre lavoratori, nei cantieri della Valtellina, della Galleria del Brennero e di Genova Pegli hanno perso la vita.



Questi gravi incidenti riportano alla cronaca il dibattito sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, ma non dobbiamo dimenticare che ogni tragedia è il riflesso di un mancato rispetto delle regole che ci sono e vanno rispettate: la Legge 81/2008 su salute e sicurezza è un’ottima legge invidiata e attenzionata da molti in Europa.



Nel settore dell’edilizia, il subappalto spesso aumenta il rischio di un lavoro già denso di pericoli, per questo è importante operare sul subappalto quando non corrisponde a un’impresa specialistica, dotata di apparecchiature e lavoratori specializzati. Perché queste imprese si aggiudicano l’appalto, ma non lavorano in un cantiere, limitandosi a dividere le lavorazioni ricorrendo al subappalto, dove spesso vengono applicati altri contratti, evitando così gli obblighi di formazione e prevenzione previsti dagli accordi nazionali del settore edile, sfruttando anche cittadini stranieri costretti a lavorare in nero. In questi anni e durante l’agevolazione fiscale del Superbonus 110% sono state create imprese che posseggono le credenziali formali, ma non dispongono né di attrezzature, né di lavoratori formati per tale attività lavorativa.



Le autorità competenti hanno un compito importante nel garantire la sicurezza dei lavoratori, facendo effettuare controlli sempre più stringenti ed eliminando gli appalti al massimo ribasso. Oltre a non abbassare la guardia sulle ispezioni e proseguendo a investire sulla prevenzione, attingendo anche ai finanziamenti messi a disposizione da Inail, occorre garantire un presidio in ogni realtà lavorativa, dalle micro alle grandi imprese, attraverso una rappresentanza sindacale competente.

La formazione per tutti i datori di lavoro, un’adeguata organizzazione del lavoro che metta in relazione mansioni, età, competenze e salute, rappresenterebbero un passo determinante per un cambiamento radicale nel sistema di prevenzione. Ma è anche necessario realizzare una campagna straordinaria sulla sicurezza, in ambito scolastico, per trasferire le adeguate conoscenze di base sulla prevenzione ai futuri lavoratori, partendo dai percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (PCTO) e nelle esperienze degli stage per tutelare gli allievi e le allieve coinvolte.

Le nuove disposizioni emanate dal Governo in materia di sicurezza come la “patente a credito”, strumento già previsto dal Testo Unico del 2008 e mai applicato, è un processo di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi che lavoreranno nei cantieri per la sicurezza sul lavoro e che partirà dal primo ottobre del 2024. Questa novità che non piace alle associazioni imprenditoriali di categoria perché il meccanismo è farraginoso e pieno di incertezze, nei prossimi mesi sarà sviluppata e perfezionata tra il Governo e le parti sociali prima della sua introduzione. Fondamentale invece il potenziamento del personale ispettivo, con l’assunzione di 766 ispettori valorizzando così il fronte della vigilanza (Inl, Inail, Asl e Carabinieri), ma serve ridurre i vincoli burocratici per le assunzioni, formando le forze in campo, la messa a regime dei flussi informativi (banche dati) e sollecitare, attraverso gli organi di vigilanza e controllo, ispezioni coordinate nei cantieri pubblici delle grandi opere e in tutti i luoghi di lavoro.

Altra positiva novità sono le disposizioni di carattere preventivo e incentivante in assenza di violazioni legislative in materia di lavoro e l’introduzione di premialità a favore delle imprese virtuose, ma anche le sanzioni penali/amministrative per l’utilizzo illecito di lavoratori, avendo un occhio di riguardo sul rendere effettiva la funzione di deterrenza delle sanzioni oggi poco applicate. A partire da queste novità bisogna affermare però, che il decreto emanato dal Governo è un primo passo perché bisogna definire al più presto una Strategia nazionale in materia di salute e sicurezza e aggiornare la Legge 81/2008, assicurando in ogni realtà lavorativa un’adeguata sorveglianza sanitaria.

La ripresa economica determinata soprattutto dagli investimenti del Pnrr, la crescita del Pil e gli incentivi fiscali devono essere linfa che alimenta il sistema lavoro, non a discapito di vite umane e di sofferenza per famiglie e persone. Siamo di fronte a un processo che vede intersecarsi e crescere, insieme al lavoro tradizionale, l’avvento delle nuove tecnologie, il lavoro agile, utilizzato da circa un milione di lavoratoti (dove tempo e luogo sono per legge indifferenti), gli strumenti innovativi a tutela della salute (esoscheletri), e della sicurezza (dispositivi indossabili come smartwatch, occhiali intelligenti, orologi che monitorano l’attività fisica, cardiaca e del sonno). La persona per questo motivo va messa “al centro” e protetta applicando un diverso modello di tutela molto più articolato e innovativo. Non si può garantire un posto di lavoro per poi metterlo a rischio sul fronte della mancata prevenzione e protezione. Ecco allora che il compito delle politiche e delle normative sulla salute e sicurezza nelle realtà lavorative diviene importante perché deve essere in grado di prevenire pericoli ancora indefiniti. Chi lavora deve pretendere la sicurezza e impegnarsi in prima linea affinché nei luoghi di lavoro sia effettiva.

Oltre alla formazione dei lavoratori, bisogna pretendere che nelle aziende vi siano investimenti nelle nuove tecnologie, che possono non soltanto ridurre la gravosità e la pesantezza del lavoro, ma garantire sempre di più chi lavora. Naturalmente la tecnologia deve essere utilizzata senza disattivare i sistemi di sicurezza com’è successo. Anche in questo caso è importante la formazione, l’informazione e l’addestramento, perché una persona impari a come muoversi su una impalcatura, a come produrre e a come utilizzare un impianto, un macchinario, un trattore, una gru. Sono le modalità, i tempi, i ritmi e l’organizzazione del lavoro che rappresentano il reale punto debole. Per svolgere più velocemente le lavorazioni purtroppo si sceglie di disattivare le protezioni di sicurezza, di non mettere l’imbragatura quando si opera sulle impalcature, oppure di non indossare i dispositivi di protezione individuale. Alla fretta incosciente va contrapposta una coscienza che non può esimersi dall’aiutare la persona a lavorare con più responsabilità e con più attenzione.

All’assunzione di una responsabilità collettiva da parte della società civile occorre un sindacato forte, autorevole e unito che faccia sentire la voce delle lavoratrici e dei lavoratori. Perché, quando un lavoratore è precario, oppure irregolare e retribuito in nero è molto difficile che decida di denunciare chi lo paga. È impensabile che un operaio sfruttato oppure un immigrato irregolare denuncino contesti pericolosi. Sono i rappresentanti dei lavoratori, come quotidianamente fanno, che possono, in una situazione di parità e non di subalternità, costringere gli imprenditori che cercano di eludere le regole, di tornare nell’alveo della regolarità e della legalità. Perché investire sulla salute e sicurezza non è un costo, ma una garanzia per l’attività dell’imprenditore e la salvaguardia della salute e della vita dei suoi lavoratori.

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