Il 20 maggio si è tenuta una giornata di mobilitazione per la sicurezza sul lavoro indetta da Cgil, Cisl e Uil in seguito ai numerosi incidenti mortali che si sono registrati nel corso di questi primi mesi del 2021; mobilitazione che proseguirà questa settimana con un programma di assemblee, incontri con le aziende, flash mob e presidi presso le sedi delle Istituzioni locali. Alcuni incidenti sono stati più raccontati dai media, come la tragica vicenda della giovane Luana D’Orazio a Prato, mentre molti altri avvenimenti sono stati pressoché ignorati. I numeri però parlano chiaro: l’Italia registra circa 2,5 morti sul lavoro ogni 100 mila lavoratori per anno contro 1,9 morti in media nell’Ue. Che venga raccontato dai giornali o meno dietro ognuno di questi incidenti c’è la vicenda drammatica di un lavoratore che a fine turno non tornerà a casa dai suoi cari.



A tal proposito gli economisti Tito Boeri ed Edoardo di Porto hanno pubblicato un interessante articolo su lavoce.info concentrando la propria attenzione sul depotenziamento, avvenuto dal 2015 in avanti, delle capacità ispettive dell’Inl (Istituto nazionale del lavoro). L’articolo è puntuale e spiega il punto di vista dei due autori con precisione e dovizia di dati.



Se il depotenziamento di chi effettua i controlli è effettivamente uno dei lati del problema, anche se molto spesso i controlli sono atti a sanzionare irregolarità e quindi avvengono quando il dolo è già stato commesso, sarebbe interessante capire come e se si possano prevenire queste situazioni.

Una parte della risposta a questa domanda è contenuta nel dibattito sul codice degli appalti che si sta sviluppando in questi giorni sui quotidiani. È lampante che il criterio del massimo ribasso economico non permetta di salvaguardare le condizioni minime di sicurezza sul lavoro. Questa però è una vicenda complessa che ci porta fuori dall’oggetto di cui in questione e che andrebbe affrontata a parte.



Per indagare le possibilità di prevenzione degli infortuni sul lavoro è necessario porre l’attenzione oltre il solo ruolo ispettivo e interrogarsi a riguardo di come gli strumenti che già ci offre la contrattazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro possano essere sostenuti e sviluppati. Se come ci dicono Boeri e Di Porto è complicato che l’Inl riesca a fare un lavoro di ispezione preventiva, non solo per un problema di risorse dell’istituto ma anche di mancanza di banche dati condivise con Inps e Inal, dobbiamo allora guardare ad altre modalità che ci permettano di prevenire gli incidenti mortali.

Rls e Rlst (rispettivamente Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale) sono due figure che sono state introdotte nell’organigramma aziendale grazie alla contrattazione nazionale e territoriale e che potrebbero, se il loro ruolo venisse implementato, essere d’aiuto nel migliorare la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro.

La normativa prevede che il Rls venga eletto in tutte quelle aziende che superano i 15 dipendenti. È quindi un lavoratore che, adeguatamente formato, in dialogo costante con il Rspp (Responsabile del servizio di protezione e prevenzione), individua tutti quegli elementi che all’interno dell’azienda impediscano di lavorare in sicurezza. Essendo un lavoratore è nel suo stesso interesse migliorare la sicurezza all’interno del luogo di lavoro in cui lui stesso opera. Non avendo ruolo ispettivo ma solo consultivo si pone, se trova una disponibilità da parte della direzione aziendale, in un dialogo costruttivo che può accrescere il benessere organizzativo aziendale. Mentre si devono immaginare delle procedure nel caso in cui il Rls possa in qualche modo segnalare eventuali inadempimenti di parte aziendale in seguito a numerosi richiami rimasti inascoltati. Accade inoltre molto spesso che, soprattutto nelle piccole aziende (la maggior parte nel tessuto manifatturiero italiano), la persona indicata come il Rls dalla direzione aziendale non sappia nemmeno di essere stato “eletto”. In questi casi si dovrebbe quindi codificare in maniera più efficace la procedura di elezione oppure potenziare la figura del Rslt, estendendo la figura ai contratti dell’industria. 

Il Rslt è una figura esterna all’azienda che, soprattutto nel mondo artigiano ed edile, viene messa a disposizione, quindi pagata, dagli enti bilaterali. Il Rslt permette all’azienda di ridurre i “costi” di formazione e individuazione del Rls e di garantire ugualmente un’alta professionalità nella gestione della salute e della sicurezza.

Le figure del Rls e del Rslt nascono da accordi tra associazioni datoriali e sindacali, realtà sociali molto vicine al mondo manifatturiero che riescono a intercettare prima degli altri soggetti istituzionali i bisogni dei propri associati. La contrattazione nazionale e decentrata sul tema della sicurezza dovrebbe essere sviluppata maggiormente dalle parti sociali e recepita dal legislatore. Così come dovrebbe diventare sempre più centrale il ruolo degli enti bilaterali anche nei settori dove oggi sono poco sviluppati, magari ipotizzando un osservatorio permanente sulla sicurezza dove ancora non è previsto. Prendendo esempio dalle buone prassi come Opta nell’artigianato o Cpt nell’edilizia. Generando in questo modo una cultura della sicurezza che aiuti sempre di più il tessuto manifatturiero italiano a rispondere prontamente alle sfide che il presente gli pone davanti. 

La transizione ecologica e sostenibile del mondo del lavoro che viene giustamente auspicata oggi, anche attraverso il Pnrr, non può prescindere dalla tutela della salute e della sicurezza all’interno dei luoghi di lavoro.

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