Gli ultimi dati disponibili ci dicono che dal 1° gennaio 2018 a ottobre 2024 in Italia si contano circa 9.000 morti sul lavoro e di questi, un quarto in itinere verso i luoghi di servizio. Il dato provvisorio fornito da Inail in merito alle denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale nei primi dieci mesi del 2024 è pari a 890 decessi ovvero tre vite spezzate ogni giorno. Queste tragedie pongono degli interrogativi in materia di sicurezza sul lavoro e tutela globale delle persone.



Dieci giorni fa sono esplose alcune cisterne per il rifornimento nel deposito Eni di Calenzano in provincia di Firenze, dove sono morti cinque lavoratori e due dei feriti sono in condizioni gravi. Mercoledì, nel porto di Genova, un operaio di 52 anni è stato travolto da una ralla mentre controllava i sigilli di un container. La vittima ha perso la vita sul colpo. Un altro operaio, che era alla guida del mezzo, è rimasto ferito dopo essere stato sbalzato fuori dalla cabina di guida.



Questi gravi incidenti riportano alla cronaca il dibattito sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, ma non dobbiamo dimenticare che ogni tragedia è il riflesso di un mancato rispetto delle regole che ci sono e vanno rispettate. La Legge 81/2008 su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è un’ottima legge invidiata e attenzionata da molti in Europa.

Purtroppo, nel mondo del lavoro vi sono alcuni fattori che più di altri incidono sulla recrudescenza degli infortuni. Il subappalto, per esempio nel settore dell’edilizia, spesso aumenta il rischio di un lavoro già denso di pericoli. L’aver introdotto la patente a punti dal 1° ottobre è una grande innovazione, per questo settore, ma occorre anche operare sul subappalto quando non corrisponde a un’impresa specialistica, dotata di apparecchiature e lavoratori specializzati. Perché queste imprese si aggiudicano l’appalto, ma non lavorano in un cantiere, limitandosi a dividere le lavorazioni ricorrendo al subappalto, dove spesso vengono applicati altri contratti evitando così gli obblighi di formazione e prevenzione previsti dagli accordi nazionali del settore edile, sfruttando anche cittadini stranieri costretti a lavorare in nero.



Oltre a non abbassare la guardia attraverso le ispezioni degli organi competenti e proseguendo a investire sulla prevenzione, attingendo anche ai finanziamenti messi a disposizione da Inail, occorre garantire un presidio in ogni realtà lavorativa, dalle micro alle grandi imprese. La concretizzazione della formazione per tutti i datori di lavoro e per i lavoratori, un’adeguata organizzazione del lavoro che metta in relazione mansioni, età, competenze e salute, rappresenterebbero un passo determinante per un cambiamento radicale nel sistema di prevenzione. Così com’è necessario realizzare e intensificare una campagna straordinaria sulla sicurezza, anche in ambito scolastico, per trasferire le adeguate conoscenze di base sulla prevenzione ai futuri lavoratori, partendo dai percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (Pcto) e nelle esperienze degli stage per tutelare gli allievi e le allieve coinvolte.

Le nuove disposizioni emanate nei mesi scorsi dal Governo, come la “patente a credito/punti”, strumento già previsto dal Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro del 2008 e mai applicato, il potenziamento del personale ispettivo, con l’assunzione di 766 ispettori valorizzando così il fronte della vigilanza (Asl, Inl, Inail e Carabinieri), vanno nella giusta direzione. Ma serve ridurre i vincoli burocratici e di spesa per le ulteriori nuove assunzioni, la messa a regime dei flussi informativi (banche dati) e sollecitare ispezioni coordinate nei cantieri pubblici delle grandi opere e in tutti i luoghi di lavoro. Altra positiva novità è l’introduzione di premialità a favore dei datori di lavoro virtuosi nella gestione dei rapporti di lavoro, ma anche le sanzioni penali/amministrative per l’utilizzo illecito di lavoratori, avendo un occhio di riguardo sul rendere effettiva la funzione di deterrenza delle sanzioni. A partire da queste novità bisogna affermare che le norme emanate dal Governo sono un primo passo, perché bisogna definire al più presto una Strategia nazionale in materia di salute e sicurezza e aggiornare la Legge 81/2008, assicurando in ogni realtà lavorativa un’adeguata sorveglianza sanitaria.

La ripresa economica con gli investimenti del Pnrr e gli incentivi fiscali devono essere linfa che alimenta il sistema lavoro, non a discapito di vite umane e di sofferenza per famiglie e persone. Siamo di fronte a un processo che vede intersecarsi e crescere, insieme al lavoro tradizionale, l’avvento delle nuove tecnologie, il lavoro agile, utilizzato da circa 3,5 milioni di lavoratori (dove tempo e luogo sono per legge indifferenti), gli strumenti innovativi a tutela della salute (esoscheletri), e della sicurezza (dispositivi indossabili come occhiali intelligenti, orologi che monitorano l’attività fisica, cardiaca e del sonno). La persona va, per questo, messa “al centro” e protetta applicando un diverso modello di tutela molto più articolato e innovativo. Non si può garantire un posto di lavoro per poi metterlo a rischio sul fronte della mancata prevenzione e protezione. Ecco allora che il compito delle politiche e delle normative sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro diviene importante perché deve essere in grado di prevenire pericoli ancora indefiniti.

Oltre alla formazione, anche dei datori di lavoro, bisogna pretendere che nelle aziende ci siano investimenti nelle nuove tecnologie, che possono non soltanto ridurre la gravosità e la pesantezza del lavoro, ma anche garantire sempre di più il modo di lavorare. Naturalmente la tecnologia deve essere utilizzata senza disattivare i sistemi di sicurezza come purtroppo è successo. Anche in questo caso è importante la formazione, l’informazione e l’addestramento, perché una persona impari come muoversi su una impalcatura, come produrre e come utilizzare un impianto, un macchinario, una ralla, un trattore, una gru. Ugualmente le modalità, i tempi e i ritmi di lavoro rappresentano il reale punto debole, il tutto riconducibile a un’organizzazione del lavoro che spesso non è attenta alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori. Per svolgere più velocemente le lavorazioni purtroppo si sceglie di disattivare le protezioni di sicurezza, di non indossare i dispositivi di protezione individuale, saltando così alcune fasi delle procedure di lavorazione che garantirebbero la protezione necessaria. Alla fretta incosciente va contrapposta una coscienza che non può esimersi dall’aiutare la persona a lavorare con più responsabilità e con più attenzione, unendo la produzione alla sicurezza e alla salute.

Di fronte a tragedie, come la morte di lavoratori mentre svolgono il proprio lavoro, serve un’assunzione di responsabilità collettiva da parte della società civile, occorre un sindacato forte, autorevole e unito che faccia sentire la voce delle lavoratrici e dei lavoratori. Perché, quando un lavoratore è precario, oppure irregolare e retribuito in nero, è molto difficile che decida di denunciare chi lo paga. È impensabile che un lavoratore sfruttato oppure un immigrato irregolare denuncino contesti pericolosi. Sono i rappresentanti dei lavoratori, come quotidianamente fanno, che possono, in una situazione di parità e non di subalternità, costringere gli imprenditori che cercano di eludere le regole a tornare nell’alveo della regolarità e della legalità.

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