Le iniziative di implementazione delle attività di contrasto alle diverse forme di illegalità occupazionale e al mancato rispetto delle norme in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro sono state oggetto di recenti modifiche apportate al Testo Unico della sicurezza. (TUS, d.lgs. n. 81/2008 decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146).
È noto che tutti i necessari requisiti per garantire prevenzione salute e sicurezza sul lavoro sono diversamente intrecciati tra loro e si influenzano a vicenda, e tutte le situazioni economiche, politiche, sociali, interferiscono: le modalità contrattuali del lavoro e il lavoro nero interferiscono con la formazione, col coinvolgimento dei lavoratori, con l’attività degli organi di vigilanza (cui si ricorre molto meno che in passato per tutelare i diritti). Si può almeno provare a ripartire proprio da un sistema diffuso ed efficace di vigilanza e controllo da parte delle strutture pubbliche preposte, insieme magari al cd decreto fiscale 2022 del dicembre 2021 con regime sanzionatorio più severo, letto non come reazione agli ultimi infortuni o come appesantimento dei decreti per le imprese incoerenti spesso da parte delle istituzioni.
Ci interroghiamo sulla sostituzione dell’art. 14 dell’81 (sospensione attività imprenditoriale) con alcune sanzioni, così come la modifica dell’art 37 comma 7 obbliga oltre ai dirigenti preposti, lo stesso datore di lavoro di formazione con un accordo elaborato entro giugno dalla Conferenza Stato-Regioni. Così come l’abrogazione dell’art 26 del TU 81 che elimina il controllo per i subappalti in edilizia tra committente, l’esecutore e il datore di lavoro cancellando le sanzioni che erano state aumentate da una legge del 2018.
È sbagliato pensare che il problema degli infortuni sul lavoro si risolve potenziando solo, quali- e quantitativamente, le attività di vigilanza degli organi preposti (compreso anche l’Ispettorato del lavoro). Il problema “di prevenzione salute e sicurezza” è sistemico e strutturale, e vero è che la prevenzione ha dei costi, privati e pubblici, ma ai fini della sicurezza, della salute e prevenzione, a fronte della drammaticità della situazione (in termini sia di infortuni che delle malattie professionali) serve un atteggiamento “concretamente etico” delle imprese, in cui il benessere e la sicurezza dei lavoratori non siano l’ultima (o quasi) delle variabili dipendenti, ma siano viceversa uno degli obiettivi fondamentali andando ben oltre il semplice concetto di legalità non solo per la sicurezza, ma anche per la regolarità del lavoro e il rispetto dei diritti contrattuali, previdenziali, assicurativi.
Serve un sistema organizzativo del lavoro (calibrato in base al tipo di produzione o servizio fornito, alla tipologia del lavoro, alle dimensioni aziendali, alla tecnologia disponibile) che assuma la prevenzione nel ventaglio delle variabili indipendenti, declinandola nelle forme più adeguate (valutazione dei rischi, definizione e realizzazione degli interventi, monitoraggio e revisione delle procedure, definizione di un cogente sistema di responsabilità, modalità di coinvolgimento e motivazione dei lavoratori, ecc.). Altrettanto necessaria è una qualità complessiva e certificata di tutte le figure professionali che affiancano i decisori e organizzatori delle imprese per ciò che attiene alla sicurezza e igiene del lavoro, quella tecnico-professionale, la comprensione del ruolo, l’autonomia, la capacità relazionale con tutti i diversi personaggi dell’impresa e chi non opera correttamente dovrebbe essere escluso dal “mercato”.
Serve un modello partecipativo e di coinvolgimento dei lavoratori e dei loro rappresentanti, in termini di collaborazione e confronto, ma anche dissenso e conflitto in ordine a tutte le problematiche di igiene e sicurezza del lavoro, inclusi gli aspetti legati all’organizzazione del lavoro. Serve un sistema di formazione efficace, concreto, aggiornato e verificato, tenendo conto delle peculiarità dei lavoratori, della lingua, della comprensione, delle modalità con cui si svolge la prestazione lavorativa (lavoro a tempo indeterminato, determinato, stagionale, a chiamata). Serve un sistema diffuso ed efficace di vigilanza e controllo da parte delle strutture pubbliche per garantire una buona probabilità per le imprese di essere controllate e verificate, una coerente e rapida risposta alle richieste dei lavoratori e dei loro rappresentanti, un’attenzione all’esame preliminare di nuovi insediamenti e ristrutturazioni con possibilità di pareri vincolanti, un tempestivo intervento in caso di infortuni e/o malattie professionali, con un buon livello di qualità tecnico-scientifica interdisciplinare, adeguati standard di personale, modalità organizzative del lavoro flessibili e trasparenti, riferimento a linee guida riconosciute, che garantiscano pari condizioni sul territorio nazionale di controllo e trattamento.
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