In tutti gli ambienti politici e sociali si torna a discutere in modo acceso di sicurezza sul lavoro alla luce (come sempre, purtroppo) dell’ennesimo incidente che è costato la vita, questa volta, ad almeno 5 lavoratori edili, mentre si continua a cercare tra le macerie della centrale idroelettrica di Suviana. Numerosi gli appelli da sinistra, dalle sigle sindacali e dal Pd che in Emilia gode di un ampio consenso elettorale, a varare nuove norme, sempre più stringenti, che includano controlli severi, sanzioni, multe, arresti e chiusure delle ditte con l’ennesima revisione del noto Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ovvero il Dl 81 del 9 aprile 2008, poi integrato l’anno successivo con il Dl 106/09.
Un Testo fitto ed ampio, che include ad oggi 306 differenti articoli, ben 51 allegati e una quantità di revisioni ed integrazioni di cui è ormai difficile tenere il conto, considerando che da febbraio (si veda la voce cantiere Esselunga di Firenze) ad oggi ne sono state discusse già due. Ma oltre alle discussioni sembra che non si sia veramente (mai) fatto nulla di concreto per garantire quell’inalienabile sicurezza sul lavoro, che dovrebbe essere colonna portante di una democrazia fondata, come ricorda la Costituzione, proprio sui lavoratori, con il conto delle vittime che è schizzato nei primi due mesi dell’anno a 119, pari al 19% in più dello scorso anno.
Servono veramente nuove norme per la sicurezza sul lavoro?
Il problema della sicurezza sul lavoro diventa, dopo ogni tragedia o strage, terreno di scontro politico che vede alternarsi (in base a chi detiene la maggioranza) i due principali schieramenti politici, una volta accusatori e, quella dopo, accusati. Scontro che porta all’ennesima revisione del fitto ed articolato Testo Unico, con implementazioni certamente necessarie, ma altrettanto inutili se rimangono scritte vuote e fredde in un plico di articoli sconosciuti ed ignorati da chi, invece, dovrebbe applicarli.
Ma perché il Testo Unico non funziona? Sicuramente buona parte delle colpe vanno ricercate nel fatto che (come si diceva) nessuno conosce in modo approfondito tutti e 306 gli articoli che contiene, rendendoli inefficaci per l’obiettivo a cui mirano: la prevenzione. Non bastano sanzioni, chiusure, processi in pompa magna e licenziamenti, se poi dopo il clamore mediatico le aziende non ricevono le necessarie (e previste proprio da quel Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro) ispezioni. E veniamo, così, al secondo punto: gli ispettori. Sempre pochi, poco formati e difficili da trovare, mentre non si spiega che fine hanno fatto quegli oltre 2mila assunti dall’INL nel corso della precedente gestione da parte da parte di Bruno Giordano (poi sostituito dal governo Meloni).
L’ultimo aspetto riguarda, poi, una figura quasi ignota nella maggior parte delle aziende, ovvero quella dei rappresentati dei lavoratori (ai quali è dedicata un’intera sezione, e non solo un articolo, del Testo Unico) scelto dai dipendenti per vegliare proprio sulla sicurezza sul luogo di lavoro. Godono di ampi poteri d’intervento, che gli permetterebbero di segnalare alle autorità le eventuali violazioni del codice di sicurezza e sono, peraltro, tutelati legalmente da eventuali ritorsioni. Insomma, prima di discutere di nuove norme sulla sicurezza, forse potrebbe essere necessario che in ogni luogo di lavoro si inizino a far rispettare quelle che ci sono già. Le nostre leggi, ritenute tra le più puntuali, precise ed ampie in tutta Europa, mal si conciliano ad un paese come il nostro che, secondo l’Eurostat, ha il più alto numero di lavoratori morti (una media di 2,25 ogni 100mila lavoratori, rispetto all’1,77 europeo).