Il dibattito sul Mes nel Movimento 5 Stelle è vivace, a tratti anche acceso. Per il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri, che è la voce “tecnica” di M5s, si tratta di uno strumento vantaggioso, ma non privo di insidie. «Al momento così come è stato definito il Mes non è la strada da percorrere. Meglio il Recovery plan, che tra l’altro prevede 80 miliardi a fondo perduto sui 170 complessivi», dichiara al Sole 24 Ore. Sileri parla di «vincoli attuali» che lo frenano. Potrebbe fargli cambiare idea l’intervento di una «posizione autorevole e solida a livello europeo» in grado di fare definitiva chiarezza sul Fondo Salva-Stati pensato dall’Ue per finanziare le spese sanitarie dirette e indirette che sono legate al coronavirus. «Quello che non mi convince è il fatto che possa essere l’Italia da sola a chiederlo. Dobbiamo interrogarci perché altri Paesi come Spagna, Portogallo o Grecia non pensano di chiederlo». Il timore di Sileri è che se l’Italia attivasse il Mes, i mercati potrebbero pensare che ha delle difficoltà a finanziarsi «e quindi potrebbe partire un attacco speculativo».

SILERI “MES? UN RISCHIO CON QUESTI VINCOLI”

A lungo abbiamo sentito parlare in queste settimane di un Mes senza condizionalità. Ma in realtà ci sono eccome e al viceministro alla Salute non piacciono affatto. Pierpaolo Sileri fa riferimento a «quelle previste dall’articolo 13 e 14». Al Sole 24 ore spiega che si tratta del «sistema di allerta rapido per la restituzione degli aiuti e i controlli post-programma che potrebbero essere forieri di cambiamenti in corso». Se non ci fossero questi vincoli, Sileri sarebbe pronto a rivedere la sua posizione di contrarietà, pur consapevole che comunque il Parlamento è sovrano. Non è sicuramente d’aiuto il fatto che l’Ue non abbia fatto chiarezza su questi vincoli aprendo una discussione.

Ma spiega anche che il ministro Roberto Speranza sta ragionando su un piano per la Sanità da 20 miliardi, ma si potrebbe salire a 24-25 miliardi. Le risorse andrebbero investite per ammodernare gli ospedali, trasformare quelli chiusi in presidi per alleggerire le grandi strutture, riformare e potenziare la medicina del territorio, valutando l’ipotesi di far diventare i nuovi medici di famiglia dei dipendenti del Servizio sanitario nazionale. «E poi vanno fatte più assunzioni e i medici e gli infermieri vanno pagati di più per evi- tare che scappino all’estero».