La seconda stagione di Silo, la serie tv tratta dalla “Trilogia del Silo” di Hugh Howey, si avvia alla conclusione (su Apple TV+ i primi 8 episodi sono già disponibili, mentre gli ultimi verranno rilasciati con cadenza settimanale i prossimi due venerdì) senza che i nostri protagonisti siano ancora riusciti a risolvere la situazione in cui si trovavano alla fine della prima stagione. Né Juliette Nichols, che, cacciata dal Silo in cui ha sempre vissuto, è riuscita a sopravvivere all’esterno trovando rifugio in un Silo vicino, né i protagonisti della rivolta scoppiata dopo la sua espulsione, che ha coinvolto i lavoratori delle officine ed è stata fermata solo al novantesimo piano.
La storia è ambientata circa 150 anni dopo una catastrofe ambientale che ha costretto l’umanità a vivere in silos sotterranei, ciascuno dei quali può ospitare fino a 10.000 persone. Nella prima stagione abbiamo imparato a conoscere le rigide regole che regolano la vita in queste strutture, soprattutto per quanto riguarda la divisione del lavoro, necessaria per garantire la produzione dell’energia indispensabile e dei beni di prima necessità. La vita scorre monotona da anni, anche a causa del clima di controllo poliziesco che opprime chiunque osi mettere in dubbio il “patto” su cui si basa il funzionamento della comunità. Chi si oppone subisce un processo sommario, viene espulso all’esterno ed è condannato a una morte certa. Gli abitanti possono assistere, attraverso l’unica finestra che dà sull’esterno, ai pochi secondi di vita che restano ai condannati.
Nonostante ciò, tra la popolazione serpeggia da tempo il dubbio che qualcosa venga loro nascosto: sia sul passato, sia su ciò che effettivamente impedisce la vita all’esterno. Juliette, interpretata dall’attrice svedese Rebecca Ferguson (Mission: Impossible, Dune, Dune: Part II), è uno spirito libero che ha sempre lavorato nella divisione meccanica, sviluppando competenze e conoscenze sulla tecnologia del Silo. È figlia del dottor Pete Nichols (interpretato da Iain Glen, noto per Il Trono di Spade), che sovrintende al programma di controllo delle nascite. Proprio per la sua apertura mentale, Juliette decide di indagare su ciò che ritiene venga occultato dalle autorità. Questo la mette nei guai: dopo un primo tentativo di cooptarla nel sistema, viene espulsa. Grazie a un nastro isolante da lei stessa progettato, riesce però a rendere la tuta dei condannati in grado di resistere all’esterno. Una volta superata la collina visibile dalla finestra del suo Silo, scopre che esistono centinaia di strutture simili, una accanto all’altra, e che il mondo è molto più complesso di quanto abbia mai immaginato o creduto di conoscere.
Juliette si avvicina a un Silo abbandonato, circondato da migliaia di cadaveri. Tutto sembra indicare una fuga di massa, una rivolta risolta in un massacro o in una sorta di suicidio collettivo. Vorrebbe avvisare i suoi amici del pericolo che corrono, ma la sua tuta si è ormai rotta. Decide allora di entrare nel nuovo Silo, sperando di trovarne una nuova. Scopre che non è completamente vuoto: un sopravvissuto, l’ultimo rimasto, vive asserragliato nelle stanze dell’IT, la struttura che governa ogni Silo.
Mentre Juliette cerca di convincere il superstite ad aiutarla, nel suo vecchio Silo le immagini di lei che esce senza morire, ma anzi sparisce oltre l’orizzonte, scatenano una rivolta. Le persone non credono più alle rassicurazioni del Sindaco (interpretato da Tim Robbins), né rispettano le indicazioni delle autorità giudiziarie, e desiderano uscire all’esterno. La comunità è in pericolo e rischia di fare la stessa fine della struttura abbandonata scoperta da Juliette. In questo clima di tensione, il Sindaco decide di tentare un’ultima volta di risolvere alcuni enigmi che i suoi predecessori avevano volutamente nascosto, nel tentativo di eliminare ogni traccia del passato e garantire un futuro di pace, cancellando ogni riferimento alla storia recente.
Silo è una metafora efficace su ciò che potrebbe diventare il nostro futuro se continuiamo a cancellare la nostra storia. O meglio, raffigura, con un racconto a ritroso – partendo cioè da un immaginario futuro in cui la storia è stata rimossa -, una riflessione sulla natura umana, sul nostro insopprimibile bisogno di radici e di un’identità sociale, e su quanto la storia influisca sulla nostra esistenza. Per quanto possa apparire un’operazione impegnativa e in parte ideologica, risulta senza dubbio ben riuscita, facendo di Silo una delle migliori serie tv attualmente in circolazione.
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