Ma com’è bello andare in giro per i colli bolognesi”: diceva, o meglio, cantava qualche anno fa Cesare Cremonini, emiliano anche lui. E aveva ragione. Specie quando la meta è una deliziosa residenza indipendente, piena di verde. Di luce. E di voce. Come quella di Silvia Mezzanotte. Donna raffinata. Sensuale al punto giusto. Pure quando ti viene incontro al cancello, raggiante. Aprendolo e sorridendoti con rara eleganza, la stessa che profonde anche dal palco. Circondata da un tourbillon festante di piccoli amici pelosi, in una gustosa polifonia di teneri miagolii e altrettanto simpatiche abbaiate e zampe sul petto. Mentre piano si alza il sipario su una vita intensa e pulsante insieme. Pullulante di ricordi. Progetti e sogni pronti a farsi nuove emozioni. Radiosa come lo sguardo sincero di chi la racconta da protagonista, umile e mai invadente. Per poi condividerla sorniona con generosità, come solo una perfetta padrona di casa sa fare.



Buongiorno, Silvia. La trovo in gran forma. Come sta?

Benissimo, grazie. Sono a casa giusto qualche giorno, per poi ripartire per concerti in questa estate frenetica.

Sta girando l’Italia con un tour ricco di date e in continuo aggiornamento.

Sì. Il calendario si arricchisce sempre di nuove tappe, e questo mi rende molto felice. Il contatto diretto con il pubblico è la cosa che mi è più mancata: le confesso che le tante richieste mi danno la misura del buon lavoro svolto in tutti questi anni.



Dai successi con i Matia Bazar alle mitiche interpreti femminili di sempre, alle grandi orchestre. Persino al tango: quanti e quali gli spettacoli che porta in scena?

Al momento quattro. ‘Le mie Regine’, celebrazione in chiave acustica delle top voices della musica italiana e internazionale. ‘Silvia Mezzanotte Tour’, antologia della mia trentennale carriera con quattro musicisti pop-rock: uno spettacolo di grande energia. ‘La nostra storia’ con Carlo Marrale: un viaggio a ritroso nella memoria che condivido in coppia con il fondatore della band ligure, dalla sua ‘Stasera che sera’ alla mia ‘Messaggio d’Amore’. E infine ‘Duettango’, omaggio al grande Astor Piazzolla con il Maestro Filippo Arlia e un quartetto di strepitosi solisti di tango argentino.



Tre canzoni nel cuore?

Tra i brani Matia?

Partiamo da lì.

‘Cavallo Bianco’, brano che amo visceralmente. ‘Brivido Caldo’, la mia prima grande avventura sanremese con il gruppo. ‘Messaggio d’Amore’, la consacrazione della vittoria.

Più in generale, invece?

‘Almeno tu nell’universo’, il pezzo che avrei voluto cantare nella vita. ‘La cura’, di cui ho fatto una mia versione molto particolare. E ‘Mille giorni di te e di me’, perché non sono mai riuscita a eseguirlo.

Scusi, Mezzanotte: in che senso?

Falso pensare che tutti possano cantare tutto. Il pezzo di Baglioni richiede un’estensione e una capacità interpretativa estranea alle mie corde vocali. Perciò resta una delle mie grandi sfide.

Lei e Antonella Ruggiero: le due storiche vocalist del gruppo. Le più amate. Le sole ad aver vinto Sanremo. Quelle con più concerti in calendario, anche quest’estate.

Mah… La prima cosa che vorrei dire è che ogni formazione ha avuto i suoi adepti. La seconda è che ho sempre considerato Antonella l’icona intoccabile dei Matia. L’ho sempre ammirata, fin da bambina. Questa consapevolezza mi ha permesso di evitare la competizione, rispettando in toto il passato che ho ereditato. Consentendomi di prendere per mano i fan storici, e traghettarli verso l’era 2000. Considero questo il vero segreto del successo ottenuto con la line-up Matia di cui ho fatto parte per tanti anni.

Come lo spiega?

Giancarlo Golzi mi diceva sempre che per indossare il sacro cappello magico dei Matia Bazar occorrono onestà intellettuale, rispetto per il lavoro, rigore e professionalità. Il mio quadrifarmaco epicureo. Regole auree che mi permettono tuttora di raccogliere grandi soddisfazioni. Indubbiamente appartengono anche ad Antonella, e con lei a Tosca, altra nobile artista che adoro.

Una scaletta di priorità?

Cerco la qualità in ogni cosa che faccio, e sono più vicina al mondo pop dal quale provengo. Anche se ricerca e duttilità vocale mi hanno permesso di spingermi oltre, verso il mondo del jazz e dei suoni d’oltreoceano. Ambiti in cui, per essere credibili, occorrono impegno e studio costanti.

Essere la voce dei Matia Bazar è, secondo lei, un fatto di estensione, o c’è qualcos’altro?

Decisamente riduttivo pensare che bastino scale, salti di ottave e intonazione: qualità scontate in questo ruolo.

Può farmi un esempio?

(E attacca eseguendo da seduta una sequenza di note perfette gravi e poi acutissime che m’inchioda alla poltrona, ndr). Questi sovracuti servono, in realtà, solo a tenere lontane le zanzare! (esclama prontamente con una risata cristallina).

Brava, e simpaticissima, senza dubbio. Continuando, ‘Matia Bazar’?

E’ ben altro! Prima di tutto un credo. Quante ore trascorse accanto a Giancarlo Golzi a condividere con lui i racconti, la storia, la filosofia del gruppo, il significato dei brani. Gli aneddoti che hanno portato alla creazione di capolavori come ‘Vacanze romane’ o ‘Stasera che sera’. E i ricordi di Aldo Stellita, bassista e poeta storico del gruppo. Gli stessi, peraltro, che mi trovo a condividere oggi con Carlo Marrale, col quale respiro la stessa aria di integrità artistica.

Racconti, Silvia…

Con Giancarlo era un confrontarci continuo sul modo attraverso il quale usare le parole: per essere concisa, ma accattivante. Mai banale, né ripetitiva. Efficace nel raccontare del gruppo e di me, contemporaneamente. E le notti trascorse in studio di registrazione con Piero Cassano per fare uscire un’emozione, un timbro, un acuto, o una nota sporca ma piena di pathos…Questa è l’eredità che porto con me. Ecco perché, oltre l’estensione, occorrono personalità, umiltà. E la volontà di imparare continuamente.

Il suo ex compagno di viaggio, Fabio Perversi, ha rifondato il gruppo con tutti volti nuovi. Come madrina per il rilancio Mara Venier a Domenica In. Vuole dirgli qualcosa?

Direi che si tratta di una operazione rischiosa e coraggiosa insieme: il fatto di essersi circondato di professionisti bravi, ma ignoti al grande pubblico dei Matia e dei media, complica la riconoscibilità. Per di più, siamo in un momento storico e discografico complesso. I progetti spesso nascono e muoiono nell’arco di un mese. Auguro loro tanta fortuna. Quella che serve sempre a tutti e non basta mai…

C’è anche chi, sui social, li considera invece una cover band. E lei? 

Ripeto: bravi musicisti, la gente ha bisogno di tempo per conoscerli.

Pochi sanno che per l’estero Silvia Mezzanotte e Carlo Marrale sono i Matia Bazar. Può spiegarci? 

Certamente. Un’idea nata prima del Covid, poi rimandata causa pandemia. La scomparsa di Giancarlo nel 2015 ha creato grande scoramento nel gruppo, provocando la mia uscita nel 2016 e quella di Piero l’anno successivo. Nel 2019 con Carlo Marrale siamo stati contattati per un tour internazionale. E, contestualmente, abbiamo acquisito il marchio Matia Bazar all’estero, detenendone tutti i diritti.

Chissà come l’avrà presa Perversi…

In quel periodo, constatando la bellezza del progetto, ho avuto un approccio con Fabio per tentare una reunion, perché la presenza di Marrale rappresenta la memoria storica del gruppo. Il sigillo di autenticità. La garanzia. Lui però, coraggiosamente, aveva già avviato una progettualità tutta sua, che ha visto la luce da poco. Perciò Carlo e io continueremo a portare all’estero la grande tradizione dei Matia Bazar. A settembre le prime date.

Vi sentite ancora? E con Piero Cassano, che con voi due e Golzi condivise l’ultima, grande formazione dei Matia degli anni 2000?

No, purtroppo. Nessun contatto con entrambi. Con Fabio i rapporti si sono interrotti qualche tempo fa. Con Piero da molto prima. Il vero motivo per il quale ho faticato a rimanere nel gruppo dopo la scomparsa di Giancarlo è proprio questo: stimo enormemente Cassano per tutto ciò che abbiamo condiviso, ma siamo caratterialmente incompatibili. C’est la vie

Roberta Faccani, l’interprete che la sostituì: l’ha mai conosciuta?

Sì, certo! Una personalità prorompente e una vocalità fuori dagli schemi. Pensi che nel mio ultimo album, ‘Aspetta un attimo’, mi ha persino scritto una canzone!

Laura Valente, la moglie del compianto Pino Mango che invece le lasciò il posto nel ’99. Mai incontrate?

Ci siamo solo sfiorate.

Cinque Sanremo in carriera, la vittoria nel 2002 con ‘Messaggio d’Amore’. Un ricordo? Un aneddoto?

Aggiungerei un terzo posto nel 2001. Il ricordo più bello? Ore cinque del mattino, dopo la vittoria. Stremati, ci siamo ritrovati al ristorante, finalmente. E come bambini poi anche abbracciati, piangendo. Liberando emozioni che avevamo frenato per settimane. Un momento indelebile.

E Pippo Baudo?

L’ho incontrato in treno, un giorno. Abbiamo riso molto, e persino rammentato che a scegliere il brano principe del podio fu proprio lui.

Giancarlo Golzi, il Capitano…

Da quando se n’è andato parlo con lui ogni giorno. Resta una figura presente nella mia quotidianità. “La sua assenza non mi lascia mai“, cito la frase di una canzone di Mimì, ‘Col tempo imparerò’…

Mi perdoni, Mezzanotte. Ma Golzi ha mai nominato un ‘erede’ del gruppo?

Giancarlo non aveva alcuna intenzione di morire. Ma perché continuare ancora a parlare di questa storia?

Pura curiosità giornalistica, niente di che. Ha cambiato manager: dalla Color Sound di Antonio Colombi alla scuderia di Stefano Baldrini.

Ho militato nella prima per diciassette anni, un’ottima agenzia. Poi ho conosciuto il secondo, con il quale si è instaurata una simbiosi totale. È un uomo perbene, pieno di tatto. Un signore nei modi, e nella capacità di accogliermi. Con lui abbiamo affinato le strategie artistiche e umane che ci permettono di lavorare molto bene. Con una direzione precisa, fatta di eleganza e qualità.

Insieme a Renato Zero e Roby Facchinetti è stata tra le prime, sui social, a preoccuparsi per la salute di Flavia Pozzaglio, in arte Irene Fargo. La omaggerà tra le sue ‘Regine’?

Flavia è una cara amica con cui ho condiviso un pezzo di strada importante. Una persona e un’artista di rara sensibilità. Ha avuto una vita difficile, figlia anche di scelte sfortunate. Troverò il modo di celebrarla come merita.

Sanremo 2023? Ipotesi a riguardo? Chiamerà Amadeus?

Tutto possibile, ma al momento mi concentro sul live. Oltre ai quattro show in calendario e la tournée all’estero con Carlo Marrale, entro fine anno prevedo un paio di sorprese che schiuderanno nuovi scenari.

E’ felice in amore?

Sì. Senza esitazioni. Il mio viaggio con Massimiliano è iniziato quasi 12 anni fa… Sono una donna molto fortunata.

Ha scritto anche una sua ‘Ave Maria’. E’ una persona di fede?

Considero la voce un dono del Cielo, e per questo la tratto con estrema cura.

Che rapporto ha con gli animali?

Direi migliore che con certi esseri umani… Ho tre gatti e due cani tutti trovatelli, che vivono in amore e accordo.

…Anche musicale?

Belle, la cagnolina, non ama molto i miei vocalizzi: quando mi esercito mi corre in braccio pensando che io stia male (e ride di gusto, ndr).

La cosa più curiosa mai capitatale in carriera?

Ricevere una richiesta da testimonial pubblicitaria per una nota azienda di onoranze funebri (e riprende a sorridere divertita, ndr).

Se le dico Michael Bolton?

Canada, Toronto, Raiuno: ‘Una voce per Padre Pio’, era il 2013. Un live a due sulle note di ‘The Prayer’ e grande orchestra. Conduceva Massimo Giletti. Pubblico tutto in piedi, una standing ovation commovente.

Al Jarreau?

2012, Sanremo. Duetto su ‘Speak Softly Love’: un’intesa magica e irripetibile.

Platinette?

Stesso Festival di cui sopra: esibizione a due voci estremamente poetica in cui Mauro (Coruzzi, ndr) ha mostrato la sua anima senza veli.

Dopo l’estate, La rivedremo ancora a teatro? E poi? 

Ho un paio di progetti nel cassetto che stiamo valutando. Il primo è la realizzazione di quattro concerti con Dionne Warwick, e l’uscita del singolo che ho inciso con lei prima del Covid: dovrebbe vedere la luce con l’anno nuovo. E poi ce n’è un altro: molto, molto importante. Ma per ora è top secret.

(Anita Delle Piane)