Silvia Romano rompe il silenzio sui social e pubblica un post che emana quella stessa gioia che ha provato nel ritornare in Italia. È visibile solo agli amici, che ha voluto ringraziare per il sostegno, ma si è rapidamente diffuso in Rete. Non è passato inosservato però un passaggio che ha suscitato qualche perplessità. «Sono felice perché ho ritrovato i miei cari ancora in piedi, grazie a Dio, nonostante il loro grande dolore». Queste parole hanno riacceso il dibattito sulla sua conversione: perché ha scelto la parola Dio e non Allah visto che si è convertita all’Islam? È pur vero che Allah è una parola araba che significa Dio: nella religione islamica è il nome con cui Dio definisce se stesso nel Corano. Nonostante ciò, qualcuno lo ritiene un elemento che solleva dei dubbi sulla conversione della cooperante rapita in Kenya e poi liberata dopo 18 mesi in Somalia. E poi c’è il riferimento al vestito verde, l’abito indossato il giorno del suo rientro in Italia, cioè un jilbab verde: «Non vedevo l’ora di scendere da quell’aereo perché per me contava solo riabbracciare le persone più importanti della mia vita, sentire ancora il loro calore e dirgli quanto le amassi nonostante il mio vestito».
“SILVIA ROMANO NON SI È CONVERTITA ALL’ISLAM”
Cosa c’è di autentico allora nella conversione di Silvia Romano? Difficile rispondere a questa domanda. Ma è del tutto comprensibile, considerando che è stata liberata dopo 18 mesi di prigionia. A tal proposito Don Ciotti ha dichiarato a Famiglia Cristiana: «Sono certo che Silvia arriverà col tempo a capire quanto c’è di autentico nella sua conversione e quanto di dettato dalle contingenze terribili vissute. Nel frattempo lasciamola in pace e gioiamo per il suo ritorno». Ci sono due cose che la fede autentica richiama: coscienza e responsabilità. La fede è una ricerca di verità che nessuno può imporsi, ma deve ricercare. Della conversione di Silvia Romano ha parlato anche Carlo Panella, esperto di Islam, a Il Giornale: «Non si è convertita all’Islam, si è convertita al salafismo. Uno scisma islamico che le è stato inculcato dai suoi carcerieri, unica sua fonte di informazione e formazione». Panella evidenza che il gruppo terrorista al Shabaab pratica una «maledetta teologia della morte» su cui Silvia Romano dovrà riflettere. «Centrale nell’eresia islamica degli Shabab è la definizione teologica dei cristiani ed ebrei come “apostati e politeisti”, e infatti gli al Shabab li hanno massacrati e sgozzati in molte stragi in Kenya e Somalia».