Lanciare “proclami” e annunci è sempre molto pericoloso e delicato quando si parla di situazione così complesse e drammatiche come quelle legate a Silvia Romano, la cooperante di Milano rapita in Kenya ormai più di un anno fa: eppure la novità del giorno è decisamente importante, troppo per non essere rilanciata anche a livello mediatico. La Procura di Roma e i Carabinieri del Ros hanno fatto sapere di avere fonti necessarie per poter dire che la giovane cooperante è al momento sotto sequestro di un gruppo islamista legato agli jihadisti di Al Shabaab in Somalia: ma è viva, questo è il primo vero “snodo” ufficiale direttamente dalla bocca degli inquirenti italiani che da mesi lavorano nell’ombra per provare a trovare e liberare la povera Silvia Romano. Gli stessi giudici e Ros stanno valutando in queste ore di inviare una rogatoria internazionale alle autorità somale. Il Raggruppamento operativo speciale – coordinato dal sostituto procuratore Sergio Colaiocco – dopo la scorsa trasferta in agosto presso il Kenya, ha rafforzato oggi la convinzione che la giovane cooperante si trovi, viva, in Somalia.



DOVE SI TROVA SILVIA ROMANO?

Certo, l’esser sotto controllo delle forze islamiste e barbare di Al Shabaab non è per nulla una buona notizia ma al momento serve avere nervi saldi e certezza nell’azione per gli inquirenti che tra depistaggi, indagini rallentate e “buchi nell’acqua” hanno provato in ogni modo a trovare la strada per la liberazione di Silvia Romano. Nel frattempo dal Kenya giungono alcuni dettagli inquietanti nel merito del rapimento effettuato il 20 novembre scorso nel piccolo villaggio Chakama a 80 chilometri da Malindi: secondo quotidiano keniota The Star, Silvia sarebbe rimasta ferita durante scontro a fuoco tra i rapitori e un gruppo di miliziani di al Shabaab nell’ambito di «una disputa legata al traffico di avorio». I Ros e la Procura per ora ha smentito tale ricostruzione anche per la mancanza sostanziale di prove. Resta forte la speranza di poterla riabbracciare nella famiglia Romano, anche se inevitabilmente non sarà né semplice né immediato l’azione degli inquirenti in un quadro internazionale che non sembra troppo “appoggiare” le richieste e pressioni italiane sulle autorità del Kenya e della Somalia.

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