Silvia Romano è stata liberata ed è tornata a casa, ma è già iniziato il balletto (mediatico o meno) su quanto sia effettivamente successo: nuovo oggetto delle discussioni è ora il giubbotto indossato sabato scorso quando Silvia, ormai libera, era ancora in Somalia. La si vede sorridente con un giubbotto antiproiettile, ma su di esso compare una mezzaluna con una stella: è il simbolo presente anche sulla bandiera della Turchia, e che accompagna la simbologia islamica. Ora, la foto è stata diffusa da Anadolu, agenzia di stampa di proprietà del governo turco: si tratta di un documento ufficiale, ed è come se la Turchia abbia voluto affermare con forza di avere avuto un ruolo di primo piano nella liberazione dell’ostaggio. Tuttavia, è anche possibile che si tratti di un fake: così ha infatti risposto l’intelligence italiana, che in serata attraverso alcune fonti ha fornito la sua versione.



SILVIA ROMANO, GIALLO SUL GIUBBOTTO: LA RISPOSTA ITALIANA

Si legge che il giubbetto è effettivamente quello della foto, ma che “è dotazione rigorosamente italiana e le è stato fornito nell’immediatezza senza alcun simbolo. Da cui appunto la teoria del ritocco: mezzaluna e stella sarebbero stati aggiunte in seguito. Ancora, sul comunicato si legge come gli uomini che hanno effettuato la liberazione di Silvia Romano sia gli stessi che, 48 ore dopo il sequestro avvenuto nel novembre 2018, “sono immediatamente stati inviati in territorio keniota dove, in collaborazione con le forze locali, hanno iniziato le operazioni di ricerca”; e son anche gli stessi che si sono trasferiti stabilmente nel Paese africano, procedendo poi “in silenzio e con professionalità” alla liberazione dell’ostaggio. Vero è anche che i servizi segreti turchi erano comunque stati coinvolti nell’operazione, si dice lo scorso dicembre: quando si è avuta la prova che Silvia fosse viva, l’AISE (l’Agenzia di Informazioni e Sicurezza della Repubblica) si è rifatto a loro.



La Turchia avrebbe infatti avuto interesse, come si legge su Huffington Post, nell’assestare un colpo al movimento in cui si muovono le fazioni di Al-Shabaad (il gruppo jihadista responsabile del sequestro della Romano) per “vendicare” la morte di decine di operativi nazionali in Somalia; anche per questo dunque il governo avrebbe voluto identificarsi nell’operazione di liberazione della volontaria italiana, lanciando un ideale messaggio in seno alla complicata questione dello sfruttamento dei giacimenti petroliferi. Vari analisti, nel vedere la fotografia, hanno dunque dedotto che in Somalia (e in Libia) sia ormai la Turchia a comandare, e che l’Italia sia stata scavalcata; conclude Huffington Post che la replica del nostro Paese c’è stata, ma che anche nella vicenda di Silvia Romano è dimostrato che “non bisogna solo vincere, bisogna che si veda che si è vinto.

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