Si parla di donne a Storie Italiane, e in collegamento vi era Silvia Salis, ex atleta nonché vicepresidente vicario del Coni: “Sono stati fatti passi avanti ma l’Italia è l’ultimo Paese per l’occupazione femminile. In Italia le donne non si possono permettere di lavorare perchè non c’è una rete sociale che aiuta a sgravare i compiti della famiglia e dei figli. Il fatto che una donna quasi sue due non lavora in età di lavoro si riflette in tutto, anche sulla composizione del potere. Una donna su cinque, dato che ha fatto molto discutere, abbandona il lavoro dopo il primo figlio, la natalità è più un tema economico che sociale. Con mio marito Fausto – ha proseguito Silvia Salis – abbiamo deciso di dare a mio figlio Eugenio il mio cognome, questo sembra qualcosa di marginale ma in realtà cambia molto visto che le famiglie da sempre sono riconosciute con il cognome del marito e del padre, una donna così non perde la sua identità, è importante far capire che c’è una collaborazione totale nella famiglia e non ci sono più gli stereotipi dell’uomo che lavora e la donna che si occupa della famiglia. Il potere effettivo è quasi sempre riconducibile all’uomo, nelle 48 partecipate italiane c’è solo un amministratore delegato donna”.



In collegamento con il programma di Rai Uno anche Gabriella Palmieri Sandulli, prima giudice del Coni, che ha spiegato: “Sul problema della parità possiamo distinguere due aspetti. Nella pubblica amministrazione la parità è di fatto raggiunta, c’è una parità nella partenza grazie ai concorsi pubblici. Si registrano meno donne ai vertici nella P.A. anche se a partire dal 2018 i vertici sono stati raggiunti senza un problema di gender gap. Sul problema economico non vi sono differenze, il problema vero è nella parte privata, dove effettivamente si registra difficoltà di raggiungimento dei vertici e la differenza di trattamento economico fra uomini e donne a parità di mansioni, è una battaglia che stiamo conducendo”.



SILVIA SALIS, GABRIELLA PALMIERI SANUDLLI E MANUELA NICOLOSI SUL RUOLO DELLE DONNE

In studio infine il primo arbitro donna, Manuela Nicolosi: “Un ambiente con molti pregiudizi all’inizio, c’era lo stupore collettivo quando arrivavo sui campi, ciò che ho voluto dimostrare è di avere la stessa passione di un uomo e poter avere la stessa carriera e la stessa capacità di un uomo. Non è stato facile perchè oggi siamo solo 3 arbitri donne su 180 a livello professionistico, una percentuale bassissima”.

“C’è stata un’apertura – ha continuato la prima arbitro donna d’Italia – ma siamo ancora molto poche, spero che diventi una normalità e che potremmo essere presto il 50%. Io sono 20 anni che faccio l’arbitro. Oggi a livello professionistico non ci sono più insulti, ma quando vado a vedere le mie colleghe nelle categorie più basse purtroppo ci sono ancora questi pregiudizi”.