PARTITI, COME FUNZIONA IL REGOLAMENTO SU SIMBOLI E FIRME
Con lo scioglimento delle Camere ufficiale dal 21 luglio, la campagna elettorale più “breve” della storia repubblicana e soprattutto in estate sta costringendo i partiti politici a corse a perdifiato per rispettare le scadenze imposte dal regolamento costituzionale sulla presentazione di simboli, liste e candidati. Al netto delle alleanze strategiche tutte da designare in poche settimane per provare a conquistare in tandem i colleghi plurinominali (dove c’è listino bloccato) e uninominali (dove prevale formula maggioritaria), l’ostacolo più grande in questo momento è rappresentato dalla raccolta di firme per poter presentare il proprio simbolo registrato regolamento.
I tempi stretti – tra il 12 e il 14 agosto vanno presentati i simboli con i programmi; entro il 21-22 agosto vanno presentate le liste e le firme per i partiti non esentati – e il fatto stesso di trovarsi in agosto per provare a trovare fisicamente persone in grado di firmare la lista da presentare, stanno comportando non pochi problemi ai partiti “nuovi” e a quelli più piccoli.
Come ricorda l’ottimo “vademecum” de “Il Post”, il numero delle firme dipende dal numero di collegi plurinominali disegnati nella legge elettorale, tra l’altro diminuiti con il taglio del numero dei parlamentari approvato per la prossima Legislatura ormai imminente. Ad oggi, fatti i dovuti calcoli con annesse “eccezioni”, in Italia per presentarsi alle Elezioni occorre almeno 36.750 firme per la Camera e 19.500 per il Senato: è un problema soprattutto per i partiti piccoli che temono di non superare la soglia di sbarramento per entrare in Parlamento, imposta al 3% dalla legge elettorale Rosatellum bis per ogni lista su base nazionale. A complicare ulteriormente la situazione vi sono poi due requisiti fondamentali imposti per legge dal regolamento del Viminale: le firme devono essere autenticate, ovvero raccolte in presenza di sindaci/amministratori locali/funzionari comunali/notai o avvocati, e devono essere di elettori iscritti nelle liste elettorali dei comuni che fanno parte del collegio plurinominale in essere. Nel Decreto Elezioni approvato in CdM ad inizio maggio il Governo Draghi ha posto alcune regole che limitano l’obbligo di raccolta firme per le Elezioni successive alla data di ingresso in vigore della suddetta legge.
FIRME PER SIMBOLI, I PARTITI “ESENTATI” E QUELLI IN DIFFICOLTÀ (AL NETTO DI ESCAMOTAGE E “FAVORI”)
Nell’articolo 6-bis del Decreto approvato dal Governo, inoltre, si definiscono i motivi di esonero dalla raccolta delle firme: possono dunque presentare liste e simboli senza firme «i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in almeno una delle due Camere al 31 dicembre 2021». Si tratta, informa ancora “Il Post”, dei partiti come Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, PD, Movimento 5 Stelle, Liberi e Uguali, Italia Viva e Coraggio Italia. Esonero previsto poi anche per tutti i partiti che «abbiano presentato candidature con proprio contrassegno alle ultime elezioni della Camera dei deputati o alle ultime elezioni dei membri del parlamento europeo spettanti all’Italia in almeno due terzi delle circoscrizioni e che abbiano ottenuto almeno un seggio assegnato in ragione proporzionale»: questo è il caso ad esempio di Centro Democratico-+Europa (il partito di Tabacci che già prima delle Elezioni 2018 aveva prestato il simbolo al partito di Emma Bonino). Infine, esonero anche per i partiti che «abbiano concorso alla determinazione della cifra elettorale nazionale di coalizione avendo conseguito, sul piano nazionale, un numero di voti validi superiore all’1 per cento del totale», come il caso di Noi con l’Italia di Maurizio Lupi.
Al netto di queste deroghe, restano “fuori” diversi partiti e movimenti che parteciperanno alle prossime Elezioni Politiche ma che potrebbero trovare forti problemi a organizzarsi in tempo per la raccolta firme. È il caso in primo luogo dei partiti appena creatisi, come “Insieme per il futuro” di Luigi Di Maio oppure di altri “scissionisti” ex M5s come “Alternativa C’è”, “ItalExit” di Paragone, o ancora per Potere al Popolo, Verdi Europei, Ancora Italia, Riconquistare l’Italia, Partito Comunista di Rizzo. I leader di questi piccoli partiti denunciano in questi giorni il “vulnus democratico” di regole che vanno al momento contro la presentazione delle liste con tempistiche così rigide. Largo dunque a possibili “escamotage” come fece a suo tempo Tabacci con +Europa: lo stesso ex democristiano potrebbe, come già emerso in un incontro degli scorsi giorni tra Letta, Sala e Di Maio, “prestare” il simbolo di Centro Democratico per la formazione dimaiana nata come costola del Movimento 5Stelle. O per Carlo Calenda di Azione, che in teoria dovrebbe raccogliere le firme per il proprio simbolo, potrebbe servirsi del simbolo di +Europa in quanto già facente parte del cartello elettorale sotto dicitura “Patto Repubblicano”.
RICHIESTA RACCOLTA FIRME CON LO SPID: A CHE PUNTO SIAMO
Lunedì scorso il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, nonché leader storico dei radicali Marco Cappato aveva lanciato un appello al Governo affinché ammettesse per la presentazione delle firme il contributo elettronico via Spid, com’era già successo per gli ultimi referendum sulla depenalizzazione della cannabis e sull’eutanasia. «Sono in atto meccanismi fortemente discriminatori per la presentazione delle liste», denuncia ancora l’Associazione di Cappato in attesa che Palazzo Chigi possa adottare un decreto attuativo che potrebbe strutturare una “delega” al Rosatellum in merito alla raccolta di firme digitali.
All’appello hanno firmato tra gli altri – riporta “Domani” – «Beatrice Brignone, segretaria di Possibile, Maurizio Acerbo, segretario di Rifondazione Comunista -Sinistra Europea, Gianluca Guerra e Eliana Canavesio, presidenti di Volt Italia, Mario Calì, presidente Socialisti Democratici, Alessandro Fusacchia segretario di Movimenta, Antonella Soldo, coordinatrice di Meglio Legale, Virgilio Dastoli, presidente del Movimento Europeo, Massimiliano Iervolino, segretario di Radicali Italiani, Riccardo Magi di +Europa». Per il momento tutto tace da Palazzo Chigi e nel CdM tenutosi oggi non vi sarebbero state grosse novità in merito: tempo ve n’è ancora ma non eccessivo per poter permettere ai nuovi partiti e le piccole liste di non rimanere “tagliati fuori” dal combinato disposto di regolamenti, eccezionalità di crisi di Governo in estate e riforma sul taglio dei parlamentari (in realtà votata dal 99% delle forze politiche in Parlamento…).