Personaggio unico della scena musicale italiana, Simona Colonna si può definire come qualcuno che sfida le regole, che va oltre: “Ho fatto musica in orchestra, in formazioni da camera e come solista, ma non mi bastava” dice. Quello che dovrebbe fare ogni artista, nel vero senso della parola, quelli che mancano sempre di più. Diplomata in flauto traverso e violoncello nei conservatori di Cuneo e Torino, è stata docente di flauto traverso. Ha insegnato alfabetizzazione musicale per bambini, ideando per loro un progetto speciale (“Le storie racc…cantate”). Le sue collaborazioni con le più svariate orchestre sono tantissime, ma anche con autori di musica autorale e jazz, da Peppe Servillo e Enrico Rava, da Stefano Bollani a Roberto Gatto e altri ancora. Sei i progetti discografici a suo nome, l’ultimo dei quali, questo Curìma, curìma, variano dalle suite in vari movimenti al patrimonio popolare delle sue terre. Vederla dal vivo è uno spettacolo inebriante, eccitante, commovente, da sola con il suo violoncello e la sua voce che diventano strumenti capaci di esprimere una intera orchestra, sia classica che popolare, con armoniosa forza e allo stesso tempo dolcezza.
Anche questa volta Simona si affida completamente alla sua splendida voce e all’amato violoncello (qualche percussione soltanto in rari casi). Canzoni in dialetto piemontese (l’iniziale title track con il violoncello pizzicato trasporta subito in un mondo lontano; la successiva Alla corte dei Galin è una danza esaltante nella corte di una fattoria in un giorno di festa) che pescano profondamente nella tradizione, ma anche brani in lingua italiana come la bellissima Albero o la struggente La vecchia stazione, in parte in italiano, in parte dialetto, più cantautorali come approccio. A noi piace particolarmente la dolce e allo stesso tempo vivace Drin drin, melodia struggente ricca di ricordi ancestrali che fanno solo bene alla mente e allo spirito mentre si ascoltano.
E’ un canto soave, quello di Simona, che grazie al violoncello che sottolinea le sfumature anche più oscure come è caratteristica dello strumento, guida e accompagna l’ascoltatore in luoghi magici, di perduta bellezza, di antica saggezza, di confortante spiritualità e anche di inquietudine: “La storia che mi piaceva ascoltare da mia nonna parlava della masca che abita nella laguna….” (Masca vola via; la masca è una strega del folclore piemontese, nda). Non è musica folk in senso stretto, è più un’ode a un patrimonio popolare riadattato da una autrice di grande spessore che l’ha fatto proprio e non anemica formula stilistica come capita spesso in questi casi.
Il disco si chiude con i tre minuti e mezzo dello strumentale Babau composta insieme a Stefano Melone (co-produttore del disco, già con nomi come Ivano Fossati, Fabrizio e Cristiano De André, Tosca e Mara Redeghieri), dove strumentazione elettronica, effetti sonori vari si interpongono a pizzicato e dosi di violoncello, giusta conclusione di un viaggio magico.
Certo, se fossi io un produttore invece che lo scribacchino che sono, cercherei di convincere Simona Colonna ad aggiungere qua e là un quartetto d’archi e soprattutto un pianoforte, che arricchiscano e diano spessore alle sue splendide composizioni. Ma la musica è bella perché è un mistero che appartiene all’artista che la crea e l’ascoltatore deve affidarsi ad esso, così come viene proposta. Non sarete delusi, ascoltando questo disco.
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