Simona Dalla Chiesa, terzogenita del generale Carlo Alberto: chi èSimona Dalla Chiesa

, classe 1952, è la terzogenita del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e della sua prima moglie Dora Fabbo, nonché sorella di Rita e Nando Dalla Chiesa. Aveva 25 anni quando perse la madre e 30 quando rimase anche orfana di padre, ucciso dalla mafia, a Palermo, il 3 settembre 1982. Nel capoluogo siciliano il generale Dalla Chiesa è stato prefetto per 100 giorni. Dal 1985 Simona ha iniziato a compiere i suoi primi passi nel mondo della politica, eletta consigliere regionale per il PCI in Calabria, dove rimase in carica per cinque anni.



Oggi Simona Dalla Chiesa è fortemente impegnata in percorsi formativi sulla legalità per scuole e associazioni. Nonostante il doloroso passato legato all’attentato al padre, dalla sua bocca non è mai trapelata la parola “vendetta”, neppure dopo aver appreso della morte di Totò Riina, il capo di Cosa Nostra, colui che ordinò l’uccisione del generale Dalla Chiesa: “Se pensiamo alla scomparsa di Provenzano e Riina, ci si rende conto che un’epoca della mafia è finita. Purtroppo questo non coincide con l’affermazione che la mafia non c’è più, perché sappiamo benissimo che i posti lasciati vuoti vengono riempiti”, aveva commentato la figlia Simona all’Avvenire nel 2017. Nonostante il padre sia stato sottratto a lei ed ai suoi fratelli prematuramente, tutti loro hanno sempre sottolineato di essere stati felici di aver avuto un genitore impegnato ad affermare la giustizia: “La ricchezza di valori che ci ha lasciato ha consentito a noi, in tutta la nostra vita, di poter attingere a questo tesoro. Non conosco la parola vendetta, non mi appartiene questo modo di pensare, mio padre e mia madre non me lo hanno insegnato”, dichiarò nella medesima intervista.



Simona Dalla Chiesa ricorda gli insegnamenti del padre

Simona Dalla Chiesa

aveva 13 anni quando arrivò a Palermo. Fu allora che comprese che suo papà non faceva affatto un lavoro ‘ordinario’: “Se frequentavamo amici voleva sapere tutto: chi è, come si chiama, dove abita. A costo di passare per un rompiscatole totale, ci sorvegliava per tenerci lontani dai contesti mafiosi. Noi sbuffavamo, perché per proteggerci non ci dicevano tutto. Ma era autorevole non autoritario: non serviva. A quell’epoca i figli obbedivano”, ha raccontato in una intervista dello stesso periodo a Famiglia Cristiana. La guerra contro il terrorismo, Simona ed i suoi fratelli l’hanno pagata a caro prezzo: la madre morì d’infarto. Dopo che il padre fu nominato prefetto di Palermo, tutto avvenne molto rapidamente da non dare tempo alla sua famiglia di comprendere fino in fondo ciò che stava accadendo.



Oggi in Simona Dalla Chiesa, alla rabbia prevale l’orgoglio. E quando le viene chiesto se ne valesse davvero la pena vivere così ha replicato: “Dico di sì: quando lo chiedevamo a lui, ci rispondeva che le istituzioni vanno difese anche quando chi le rappresenta non merita, perché gli uomini passano e la democrazia conquistata con la Resistenza, per la quale aveva combattuto da giovane, resta”.