Così come Nando Dalla Chiesa, anche un’altra figlia del Generale ucciso dalla mafia, Simona Dalla Chiesa, ha ereditato la passione civile del padre traducendola in un impegno politico. La terza figlia del Generale Carlo Alberto, nata dall’unione con la sua prima moglie Dora Fabbo, ha ricoperto il ruolo di consigliere regionale in Calabria dal 1985 al 1990 nelle file del Partito Comunista Italiano; successivamente, alle Elezioni politiche italiane del 1992, Simona Dalla Chiesa viene eletta Deputato alla Camera dei Deputati sempre in Calabria tra le file del PDS. Due anni più tardi viene riconfermata nella circoscrizione calabrese restando in carica fino al 1996. Dirigente del Partito Democratico in provincia di Catanzaro, nel 2009 è stata eletta nell’Assemblea nazionale del partito. Insieme ai fratelli Nando e Rita, Simona Dalla Chiesa ha scritto il libro “Un papà con gli alamari” (edizioni San Paolo) dedicato al Generale ammazzato da Cosa Nostra: “C’era una tenerezza nelle sua parole di genitore – ha detto Simona ricordando lo scorso anno in Questura a Palermo la figura paterna – che era anche la cifra distintiva del suo essere uomo delle istituzioni”.



SIMONA DALLA CHIESA: “PAPA’ AVREBBE COLPITO SISTEMA POLITICO”

Sempre in occasione dello stesso incontro, come riportato da La Repubblica, Simona Dalla Chiesa ha parlato del padre Carlo Alberto Dalla Chiesa lasciando intuire le motivazioni che portarono la mafia ad ucciderlo il 3 settembre 1982: “Papà – ha detto – aveva avuto delle intuizioni incredibili. Nel suo ufficio c’era una grande mappa della Sicilia con le puntine colorate che rappresentavano le famiglie mafiose. Una lucidità che molti non hanno voluto capire ma che forse avevano compreso quelli che poi lo hanno ucciso. Avevano capito che papà avrebbe colpito al cuore il sistema economico, il sistema politico”.



La terza figlia del Generale prefetto non ha nascosto però una punta di amarezza: “E’ stato difficilissimo riuscire a mantenere la memoria, cosi come è stato difficilissimo difendersi dagli attacchi, soprattutto perché molti venivano dal cosiddetto fuoco amico”. Un concetto ribadito anche in un’intervista rilasciata all’AdnKronos nel 37esimo anniversario della morte del Generale: “Dopo la morte di papà c’era la paura di mostrarsi vicino a noi, la paura di scegliere da che parte stare. Papà è stato ucciso la sera e alle 15 del giorno dopo, senza che nessuno di noi fosse stato avvertito, sono stati fatti i funerali. Come a dire che quel generale bisognava mandarlo via. Siamo state lasciate sole ma oggi non avverto più quella sensazione”

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