EDITORI, EQUO COMPENSO E WEB: IL PUNTO CON IL GIURISTA SIMONCINI
L’AgCom ha deciso di ricorrere in Consiglio di Stato per difendere il proprio regolamento a tutela dell’equo compenso degli editori, sfidando così Meta e l’intero “board” dei giganti del web, con nel mirino l’importante partita dell’assetto plurale dell’informazione: intervistato da “La Repubblica”, il giurista Andrea Simoncini spiega perché i rapporti di forza tra internet e le società, gli autori e gli editori, sono ad oggi ancora «palesemente sbilanciati». Professore ordinario di Diritto Costituzionale all’Università di Firenze, l’esperto spiega nel dettaglio come sia cambiato il mondo della comunicazione in quest’ultimo decennio: «non comprendere questo volto nuovo comporta dei rischi gravi per la libertà d’informazione e la circolazione delle idee».
A cominciare da quale partito votare, quali azioni finanziarie acquistare, fino al più semplice ristorante da scegliere o strada per imboccare la via di casa: «come prendiamo, mi chiedo, tutte queste decisioni?». In quel mondo digitale ormai dominato dai vari Meta, Google e tutti gli altri “big tech” occorre una regolamentazione nuova: «qui dominano alcuni giganti, che sono lo strumento perché ogni informazione assuma una forma. Con questi giganti devono confrontarsi i soggetti che sono stati e sono tuttora i presìdi della libertà dell’informazione: le nostre tv, le radio, i giornali con i loro siti». Secondo Simoncini, i rapporti di forza all’interno del mondo della comunicazione sono ancora impari e sbilanciati: gli editori infatti escono da una lunga stagione travagliata come quella della pandemia Covid eppure riuscendo ancora ad impiegare la classe di intellettuali italiani che arricchiscono opinioni, aggiunti agli inviti di guerra e a tutto il giornalismo che ancora pone domande scomode a chi è al potere.
ANDREA SIMONCINI: “COSÌ LA DEMOCRAZIA È A RISCHIO”
Tutto questo, denota ancora il professor Simoncini a “La Repubblica”, avviene mentre i colossi sul web guadagnano profitti milionari: «è impossibile invocare la parità delle parti e il principio dell’uguaglianza dei contratti tra il giornalismo professionale e i signori del web», sottolinea il docente non accogliendo la versione data dai “big tech” in merito al non appropriarsi dei contenuti giornalisti (anzi sostengono «noi segnaliamo questi contenuti alle persone procurando traffico aggiuntivo ai siti degli editori»).
I social non sono la “leva” per potenziare l’audience dei siti giornalisti, rileva Simoncini, anzi spesso «i social decretano la vita o la morte di questi siti. Parlo delle grandi testate, ma soprattutto delle piccole». Nel mondo odierno le aziende-colossi sui social detengono le “autostrade dell’informazione”, dove ognuno di noi è di fatto obbligato a percorrere se non vuole l’invisibilità. Insomma, per Simoncini viviamo in un’era dominata «dai poteri privati» che rischia di spazzare via i singoli autori, non solo i grandi editori: da cronisti a registi, da influenze a compositori e scrittori, «Queste menti generano un contenuto originale. Il contenuto finisce in Rete. E i giganti del web vendono la pubblicità, lucrando un guadagno». Che l’Europa richiami il concetto dell’equo compenso per tali protagonisti dell’informazione è un concetto giusto secondo Simoncini, in quanto «Nessuno discute che social e motori di ricerca aumentino i profitti riproducendo quelle opere esclusive, ma è altrettanto doveroso ricompensare chi le ha prodotte».