Simone Costanza, il papà di Ryan, è convinto che il bambino di 6 anni non si sarebbe mai lanciato dall’auto in corsa quel 19 dicembre a Ventimiglia. L’ipotesi era stata avanzata dai pm in virtù del fatto che le ferite riportate dal piccolo non sarebbero compatibili semplicemente con delle botte ricevute dalla nonna e dal compagno di quest’ultima, accusati di lesioni dolose gravissime. “Non credo in questa possibilità”, ha affermato l’uomo ai microfoni di Ore 14. “Nel caso in cui fosse accaduto, il suo corpo sarebbe pieno di graffi e avrebbe subito dei danni alla testa, alle braccia e alle gambe. Il pigiama invece era integro”.



Un altro elemento, inoltre, porta i genitori del bimbo a credere che l’ipotesi avanzata dalla procura non sia plausibile. “Ryan indossa sempre la cintura di sicurezza, è la prima cosa che fa quando sale in macchina. È abituato così, lo fa da solo e poi noi controlliamo che sia messa bene”, ha raccontato il papà. “Nella macchina dei nonni non c’era il seggiolino, ma c’era il rialzo”.



Simone Costanza, papà Ryan: “Non si è lanciato da auto in corsa”. L’ispezione

La macchina che ha trasportato Ryan dal papà Simone Costanza quel 19 dicembre, intanto, è stata ispezionata per otto ore. “La ricerca è stata mirata al rinvenimento di tracce biologiche e merceologiche. Ci sono state una serie di tamponature ritenute interessanti e adesso si attendono i risultati del laboratorio per capire di cosa si tratta. È stato utilizzato anche il luminol. Alcune informazioni ci sono, ma resta difficile credere all’ipotesi che si sia lanciato dall’auto in corsa”, ha affermato a Ore 14 Roberta Bruzzone, consulente dei genitori del bambino.



Intanto, si stanno effettuando degli accertamenti anche sul pigiama che la vittima indossava quel giorno. La parte superiore, tuttavia, è andata perduta. I medici del pronto soccorso di Bordighera, al momento delle prime cure, l’hanno tagliata e gettata. “La maglietta era un reperto importante, ora si farà di tutto per ispezionare i pantaloni. Una uscita rocambolesca dalla macchina avrebbe prodotto dei segni sugli indumenti e sul bambino. Non crediamo che l’auto, quantomeno mentre era in movimento, sia parte della scena del crimine. Noi riteniamo che ci siano i tempi per collocare la violenza in un altro frangente”, ha concluso la criminologa.