L’alpinista Simone Moro si è raccontato sulle colonne del “Corriere della Sera”, alla vigilia della partenza per il Manaslu, che tenterà di scalare all’età di 55 anni dopo quattro tentativi falliti. “Se ci riesco sarà il mio quinto Ottomila invernale, esattamente 25 anni dopo la tragedia sull’Annapurna”, ha dichiarato l’uomo, ricordando poi il suo “debutto” sull’Everest, datato ottobre 1992: “Non andò bene, perché mi sentii male. Di questi trent’anni, ne ho passati 18 nei luoghi più alti, più remoti, più freddi, potenzialmente più ostili del pianeta. E più di 5 a temperature tra i -10 e -70 gradi. Essere vivo oggi è il vero risultato di cui vado fiero. E in più avere tutte le dita”.
La prima scalata in assoluto di Simone Moro coincide con la sua adolescenza: aveva tredici anni e si arrampicò sui Torrioni della Cornagera, in val Brembana. “Mio padre lavorava in banca, non era uno scalatore, fece il corso roccia del Cai per potermi seguire – ha sottolineato l’alpinista –. Un giorno gli dissi che volevo abbandonare la scuola per dedicarmi all’alpinismo. Mi rispose: ‘Se questo è il tuo limite…’. Io non capivo. Aggiunse: ‘Se puoi fare solo una cosa delle due, è questo il tuo limite’. Compresi la lezione: mi sono diplomato, poi laureato e ho seguito lo stesso il mio sogno”.
SIMONE MORO: “MESSNER? AL SUO ULTIMO MATRIMONIO ERO UNO DEI DUE ALPINISTI INVITATI”
Nella chiacchierata con i colleghi del “Corriere della Sera”, Simone Moro ha confidato che il suo modello di riferimento era Reinhold Messner: “Era il mio faro, conoscevo e leggevo tutto su di lui. All’età di quindici anni, visto che c’era chi metteva in dubbio la sua impresa sul Sass dla Crusc, gli mandai una lettera scrivendogli che io non avevo dubbi e mi offrivo per rifarla con lui. Mi rispose con una cartolina, ovviamente per dirmi che non era possibile. Dopo, lo incontrai un paio di volte in occasione di conferenze, finché non siamo diventati grandi amici. Al suo ultimo matrimonio io e Peter Habeler eravamo gli unici alpinisti invitati”.
In passato, peraltro, Simone Moro ha ricevuto la Medaglia d’oro al valor civile dopo l’incredibile salvataggio di uno scalatore inglese sul Lhotse: “È un onore e una responsabilità – ha commentato -. È la più alta onorificenza della Repubblica, mi dà un piacere immenso, anche se rimanere un simbolo da vivo è durissima. Non sono incline alla santità. Feci uno sforzo fisico che ancora adesso fatico a spiegarmi”.