Il caso relativo alla morte di Simonetta Cesaroni, uccisa con 29 coltellate il 7 agosto del 1990 in via Poma a Roma, si riapre: gli inquirenti si stanno concentrando sull’alibi di un sospettato, già indagato anni addietro, il quale sembrerebbe non reggere più. È per questo motivo che, secondo quanto riportato da Il Foglio, alcuni testimoni sarebbero stati nuovamente chiamati dai pm per essere ascoltati. Da capire se questa volta si arriverà ad una svolta. La cautela resta massima, tanto che la famiglia della vittima rimane in silenzio.
Le persone iscritte nel registro degli indagati per l’omicidio, avvenuto 32 anni fa nell’ufficio dell’Associazione alberghi della gioventù, d’altronde, sono state tante in questi anni. Il primo ad essere fermato, pochi giorni dopo il ritrovamento del cadavere, senza vestiti, fu il portiere dello stabile, Pietrino Vanacore. Su un suo pantalone furono ritrovate tracce di sangue, ma non era della vittima. L’uomo venne dunque scarcerato. Qualche anno dopo si sarebbe tolto la vita: le motivazioni sono ancora ad oggi un mistero. Anche la posizione di Salvatore Volponi, il datore di lavoro, fu archiviata. Un anno dopo venne inviato un avviso di garanzia a Federico Valle, nipote dell’architetto Cesare Valle, che abitava nel palazzo di via Poma. Un testimone sosteneva che nella notte era rientrato in casa sporco di sangue. Il gip tuttavia lo prosciolse per non aver commesso il fatto.
Simonetta Cesaroni, caso si riapre: alibi sospettato non regge. Chi è il killer?
Il caso di Simonetta Cesaroni si riapre, forse perché l’alibi di un sospettato non regge più, ma ci sono ancora tanti misteri da chiarire. Le indagini nel tempo hanno infatti vissuto numerose fasi di stallo. Nel 2006 il Ris effettuò delle analisi sui calzini, sul corpetto, sul reggiseno e sulla borsa della vittima, trovando tracce di saliva dell’ex fidanzato Raniero Busco, il quale fu iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio volontario. In primo grado era stato condannato a 24 anni di carcere, ma in appello fu assolto.
A distanza di 32 anni dall’omicidio, dunque, i pm si ritrovano ancora una volta a cercare il volto del killer che uccise la giovane in via Poma, a Roma. Le ipotesi sono ancora tante, ma la speranza è che possa arrivare una svolta. I magistrati sarebbero infatti in possesso di alcuni elementi capaci di smentire l’alibi di uno dei sospettati. L’avvocato Paolo Loria, difensore di Raniero Busco, come riportato da Ansa, da parte sua, nega la possibilità di un nuovo coinvolgimento del suo assistito. “Forse si arriverà al bandolo di questa matassa e si riuscirà a trovare il vero colpevole e liberare dal sospetto, che dura da 30 anni, una serie di personaggi assolutamente innocenti. Sento periodicamente Busco, sta superando lentamente questo trauma”, ha affermato.