Dopo la richiesta di archiviazione della nuova inchiesta sull’omicidio di Simonetta Cesaroni, c’è un nuovo colpo di scena. A distanza di 33 anni dal delitto della ragazza, trovata seminuda e massacrata con 29 coltellate nel suo ufficio al terzo piano di via Poma, a Roma, spunta la testimonianza inedita di una presunta violenza subita da una ragazza, coetanea di Simonetta. Lavorava come ragioniera per Caracciolo di Sarno, che era presidente dell’Associazione italiana alberghi della gioventù, la stessa per la quale era impiegata come contabile pure la Cesaroni. A rivelare questa storia è un uomo, in un’intervista registrata e trasmessa da Quarto Grado, dopo la quale il 55enne si è recato alla procura di Roma, ripetendo quanto spiegato in tv.
«Nel 1990 mia sorella è stata abusata dall’avvocato Francesco Caracciolo di Sarno. Mia sorella aveva al tempo 20 anni. Era molto bella. Era pochi mesi prima dell’omicidio di Simonetta Cesaroni». I pm hanno convocato anche la donna, che avrebbe confermato gli abusi subiti dall’avvocato, morto nel 2016. Come evidenziato dal Messaggero, la presunta violenza sessuale è già prescritta, per la tardività della denuncia, oltre che per la morte della persona accusata. Ma le testimonianze di fratello e sorella sono state acquisite nell’ambito della nuova indagine sull’omicidio di Simonetta Cesaroni.
OMICIDIO SIMONETTA CESARONI, SVOLTA NELL’INCHIESTA?
Il 55enne ha raccontato a Quarto Grado che l’avvocato Caracciolo assunse la sorella «per dargli una mano a studio, a mettere a posto i faldoni». La sorella all’epoca non confessò i presunti abusi, in quanto il legale «la minacciò che se avesse parlato avrebbe licenziato i miei genitori, che lavoravano per lui». Ma anni dopo, e più precisamente nel 1999, quando il rapporto lavorativo si concluse, la sorella avrebbe raccontato tutto alla famiglia tra le lacrime. Come riportato dal Messaggero, il testimone ha aggiunto che la sorella non volle comunque denunciare «un fatto ormai appartenuto al passato» per «paura di ritorsioni dell’avvocato».
Il quotidiano fa notare che nella relazione della Commissione parlamentare Antimafia sul delitto di via Poma si evidenzia che nella rapina al caveau del tribunale di Roma del luglio 1999, compiuta tra gli altri da Massimo Carminati, tra le cassette di sicurezza trafugate c’era quella di Francesco Caracciolo di Sarno. Per i parlamentari è «ragionevole credere che l’omicida» di Simonetta Cesaroni «fu persona che aveva un notevole livello di dimestichezza con lo stabile, se non proprio con l’appartamento».