L’omicidio di Simonetta Cesaroni resta una ferita aperta e una sconfitta della giustizia italiana, che non è riuscita ad arrivare alla verità per la famiglia. Ma per Giancarlo De Cataldo non bisogna smettere di cercare il colpevole, «perché questa sarebbe una tragedia ancora più grande». Il magistrato, scrittore e sceneggiatore, che è stato giudice a letere nella corte d’appello che nel 2012 assolse il fidanzato della vittima, Raniero Busco, il quale era stato condannato in primo grado, commenta a Repubblica l’informativa dei carabinieri presente nella richiesta di archiviazione della nuova indagine della procura di Roma, da cui si evince che Mario Vanacore, figlio del portiere di via Poma, potrebbe essere l’assassino.



«Non conosco le carte di questa nuova inchiesta che pure la Procura ritiene di dover archiviare in mancanza di indizi sufficienti, ma con certezza posso dire che Raniero Busco non era l’assassino della Cesaroni. Lo assolvemmo perché non c’era alcuna prova contro di lui. E nelle carte di quel processo non c’era nessun colpevole alternativo, tutt’al più piste che avrebbero potuto essere approfondite». De Cataldo ribadisce che a carico di Mario Vanacore non emerse nulla: «Assolutamente no. Questo nome non è mai stato portato alla nostra attenzione». Il magistrato ricorda che all’epoca tutti erano convinti che l’assassino fosse Busco. «Il collegamento con Mario Vanacore era assolutamente sconosciuto».



DELITTO DI VIA POMA, L’APPELLO DEL MAGISTRATO E SCRITTORE DE CATALDO

Per quanto riguarda la compatibilità delle tracce di sangue trovate sullo stipite della porta, Giancarlo De Cataldo ricorda che la maxi perizia concluse per «l’accidentalità» di quelle tracce. «D’altra parte, a quei tempi, le tecniche di valutazione scientifica non erano certamente quelle di oggi, il Dna muoveva appena i primi passi. Le indagini allora si facevano così». Per il magistrato-scrittore, ora probabilmente l’assassino di Simonetta Cesaroni sarebbe noto. «In teoria se ci fossero materiali da rianalizzare potrebbe venir fuori qualcosa, ma realisticamente non so cosa ancora oggi si riuscirebbe ad accertare. Di quel sangue, che si escluse potesse essere di Busco, credo ci sia solo un gruppo sanguigno, il gruppo A», spiega a Repubblica.



De Cataldo condivide la linea della pm Gianfederica Vito, che ha chiesto l’archiviazione della nuova indagine. «Io mi fido molto del pm e credo che valga la pena di ricordare che il pubblico ministero chiede il rinvio a giudizio quando c’è almeno la probabilità di arrivare ad una sentenza di condanna dell’indagato. Quando si chiede di archiviare si mantiene sempre aperta la possibilità di proseguire le indagini. La ricerca della verità è insidiosa ma l’impegno per trovare la verità è doveroso, sempre, anche a distanza di anni, anche se il tempo è nemico dell’accertamento della verità». Ora non è impossibile trovare il killer di Simonetta Cesaroni, ma difficile sicuramente. «A volte i cold case, come si può considerare il caso Cesaroni, si risolvono o riesaminando piste mai approfondite o grazie ad una testimonianza tardiva di qualcuno che magari ha una crisi di coscienza o non ha parlato prima per paura di essere coinvolto o di non essere creduto. Ecco, se in giro c’è ancora qualcuno che sa qualcosa del delitto di Simonetta Cesaroni potrebbe liberarsi la coscienza e farlo adesso».