Simonetta Cesaroni potrebbe essere stata uccisa da un serial killer, il “mostro di Bolzano“. Una nuova ipotesi avanzata da Paolo Cagnan potrebbe riaprire il giallo di via Poma. Il giornalista e scrittore l’ha approfondita nel libro-inchiesta “Anatomia di un serial killer – Marco Bergamo, storia del mostro di Bolzano“. La morte della ragazza, uccisa il 7 agosto 1990 in un ufficio dell’Aiag, potrebbe essere legata a quella dell’uomo che uccise cinque donne a Bolzano e fu per questo condannato all’ergastolo. Sul giallo di via Poma in trentatré anni sono stati riversati fiumi di inchiostro, ma soprattutto ci sono stati tre indagati, tutti prosciolti: il portiere dello stabile Pierino Vanacore, il figlio dell’architetto Cesare Valle, Federico, e l’ex fidanzato Raniero Busco. Grazie ad un esposto della sorella di Simonetta Cesaroni, l’anno scorso, dopo la riapertura delle indagini, sono state percorse piste ancora battute dagli inquirenti. Ma nessuno aveva finora tirato in ballo il mostro di Bolzano, morto all’età di 51 anni il 16 ottobre 2017 a Bollate, dove stava scontando l’ergastolo per i suoi truci femminicidi.



Le sue vittime erano quasi tutte prostitute. Quando fu arrestato, nel 1994, stava tentando di scappare da Bolzano, e forse dall’Italia. Si scoprì che non aveva ucciso solo la 24enne Renate Rauch, ma che aveva cominciato con Marcella Casagrande nel 1985, poi aveva ammazzato anche Annamaria Cipolletti, Renate Troger e Marika Zorzi. Nel 1994 fu condannato per i cinque omicidi. Lui però aveva negato di aver ucciso Cipolletti e Troger. Il tribunale, però, individuò tratti comuni che univano i crimini, condannandolo per tutti e cinque. “Bergamo è giunto alla perversione estrema: l’omicidio per godimento. Dopo il primo assassinio ha scoperto che uccidendo appagava il suo piacere, e nello stesso tempo distruggeva l’oggetto temuto e odiato: la donna. […] Per Bergamo, uccidere rappresentava ormai l’estrema perversione sadica, la modalità più forte per possedere la donna“, scrisse la Corte di Assise di Bolzano.



IL FILO ROSSO TRA IL DELITTO DI VIA POMA E IL MOSTRO DI BOLZANO

Il giornalista Paolo Cagnan, che all’epoca scriveva per il quotidiano locale Alto Adige, scrisse a Marco Bergamo, che gli rispose precisando di essere responsabile solo di tre omicidi,mentre quelli di “Troger e Cipolletti li ha commessi una seconda persona potenzialmente più pericolosa di me“. Ora Cagnan, condirettore de Il mattino di Padova e altri tre quotidiani veneti, aggiunge un altro tassello a questa storia che collega il Nord Italia con Roma, dove nel 1990 ci fu l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Rimettendo insieme tutti i tratti della psiche deviata del mostro di Bolzano, le dinamiche nella serie di femminicidi, traccia i legami col giallo del delitto di via Poma. Nel libro cita 10 elementi a supporto della sua tesi, inviata anche alla procura di Roma, che ha un fascicolo contro ignoti aperto. Basterebbe fare dei raffronti tra le tracce di Dna del possibile assassino di Simonetta Cesaroni, rinvenute sull’ascensore dello stabile, e il profilo biologico e genetico di Marco Bergamo, la cui matrice omicida, secondo Cagnan, seguiva una dinamica simile a quello del delitto di via Poma.



Simonetta fu barbaramente uccisa dopo aver rifiutato un approccio sessuale da parte del suo killer da cui avrebbe provato a difendersi. C’è poi il feticismo come segno ciclico degli omicidi del mostro di Bolzano che compare pure in quello di via Poma. Le scarpe Superga furono ritrovate ben allineate in un angolo della stanza, in contrasto con la furia omicida che aveva devastato il corpo della ragazza. Un altro possibile legame riguarda i tratti fisici comuni tra la Cesaroni e le altre cinque donne uccise da Marco Bergamo, secondo Cagnan. Il giornalista tira in ballo anche la testimonianza di una ex Sysop (moderatrice) di alcune chat del Videotel, antenato degli attuali social network, secondo cui Marco Bergamo e Simonetta Cesaroni potrebbero aver interagito in quel luogo virtuale. Infine, Cagnan evidenzia anche le ripetute assenze dal lavoro di Bergamo e una revisione del suo alibi per il 7 agosto 1990.