Sono trascorso 50 anni dal primo di quei delitti avvenuti a Milano e che coinvolse in tutti i casi donne. Quei delitti sono rimasti sempre irrisolti e con un “mostro” irreperibile. Il Corriere della Sera in questi giorni ha riacceso i riflettori sulle violente uccisioni di Simonetta Ferrero, dell’affittacamere Adele Margherita Dossena, della commessa Salvina Rota, della stilista Valentina Masneri, della prostituta Tiziana Moscadelli. L’omicidio di quest’ultima ha spinto il criminologo Franco Posa e indagare anche sulle morti di altre due prostitute, Olimpia Drusin ed Elisa Casarotto, massacrate nel 1963 e nel 1964. Posa ha avviato le ricerche sui delitti ipotizzando la presenza di un serial killer. Attraverso un complesso software sono stati analizzati moltissimi dati restringendo sempre di più il campo.
Ne emerge un’area triangolare, una parte ampia di Milano, densamente abitata e in prossimità di altri delitti nel quale il presunto serial killer avrebbe vissuto o lavorato. Il primo, quello di Adele Margherita Dossena. La donna, 55 anni e separata, gestiva una pensione. Il suo fu un delitto senza colpevole avvenuto il 16 febbraio 1970, quando fu colpita con un coltello alle spalle fino ad essere sgozzata. In quel caso fu inscenata una rapina.
SIMONETTA FERRERO E ALTRI 6 DELITTI A MILANO: STESSA MANO DIETRO TUTTE LE UCCISIONI?
Tra le altre vittime del “mostro di Milano” anche Valentina Masneri, stilista, sposata senza figli, anche lei uccisa a coltellate colpita alle spalle il 18 marzo 1975 nella sua elegante abitazione. Il marito accusò le forze dell’ordine di eccessiva trascuratezza nelle indagini. Fu rinvenuto dalla Scientifica un bottone da cappotto maschile, il tacco di una scarpa e un capello biondo che fece pensare ad un killer donna. Tra le altre vittime anche Salvina Rota, uccisa il 16 giugno 1971, seviziata con una lima e infine strangolata dopo essere rincasata dal lavoro. Prima di tornare a casa incontrò l’amica Teresa che però rincasò in taxi. Anche in questo caso si ipotizzò la presenza di un’assassina ma anche il suo fascicolo si chiuse senza colpevole. Rientra in questo contesto anche il delitto della Cattolica: il 24 luglio 1971 Simonetta Ferrero fu assassinata con 33 pugnalate. Nessuna delle piste seguite si rivelò feconda.
Fu poi il turno di Tiziana Moscadelli, prostituta attiva tra la stazione Cadorna e il parco Sempione. Nel suo caso fu fermato un uomo, cosiddetto “Federico il pazzo”, accusato di aver ucciso lui la giovane il 12 febbraio 1976, ma Tiziana, uccisa con un coltello e un cacciavite, non si sarebbe mai venduta in casa, così come Olimpia Drusin, pugnalata nel quartiere di Greco nel 1963 e come Elisabetta Casarotto, massacrata l’anno dopo sempre a pugnalate a Lacchiarella, a sud di Milano. Adesso, grazie alle nuove indagini supportate dall’attuale tecnologia, Posa attende che la procura possa accogliere la sua richiesta di rilettura delle autopsie delle numerose vittime partendo dal confronto tra Simonetta e gli altri omicidi. L’idea resta quella del serial killer il quale lo si riconosce dal proprio “marchio” in ogni azione delittuosa. Il criminologo riuscirà a trovare la “firma” dell’assassino?