L’ultima sua notizia risale al 24 aprile una giornata che, con una certa sobrietà, qualcuno definì “importante, potenzialmente decisiva per la qualità della democrazia economica in Italia”: era successo che le forze politiche che avevano presentato alla Camera progetti di legge sulla partecipazione dei lavoratori ritirarono i loro testi per adottare come testo base la proposta di legge di iniziativa popolare sulla quale la Cisl da mesi aveva raccolto le firme degli italiani.



In effetti la scelta dei capigruppo di Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Noi Moderati fu davvero inedita: rinunciare a una propria posizione per assumere quella di un soggetto sociale, il sindacato, è stata inusuale.

Certo uno pensa: che grande responsabilità e sensibilità sociale hanno dimostrato, che valorizzazione del metodo concertativo per poi concludere, con quella punta di cinismo che ti deriva dall’età, soprattutto a questo punto nulla impedirà la pronta e rapida approvazione del provvedimento nei due rami del Parlamento. Oh, d’altronde si tratta di un disegno di legge pienamente bipartisan (non per offendere ma noi continuiamo a chiederci se il bi sta per la preposizione inglese o per il cardinale latino: perché in tivù ognuno legge come vuole e uno resta con i suoi dubbi esistenziali e capite che mica si può dormire facilmente con dilemmi tanto amletici). Ma andiamo avanti e vediamo allora com’è finita.



Come detto ci siamo lasciati ad aprile: cioè quattro mesi fa. Oggi però è agosto, chiudono i battenti della fabbrica parlamentare e, memori che siamo lombardi e che il fare viene prima di tutto, noi siamo qui a chiederci che fine abbia fatto quel documento. Va bene la civiltà, va bene la Costituzione, va bene tutto: ma a che punto è la legge? Cioè: la proposta di legge? Cioè il testo della Cisl?

Bella fratello: ti ricordo che siamo in agosto e che ci sono alcune cosette che ci stanno occupando, non siamo qui a pettinare le bambole.

Sì amico, ma tipo? Tipo decidere se in Algeria i pugili sono uomini o donne, se gli arbitri olimpionici sono cornuti (ma al riguardo pare che la larga maggioranza degli italiani abbia idee abbastanza chiare), se il 2 agosto 1981 a mettere la bomba furono dei fascisti, dei parafascisti, degli assassini, se è giusto o meno tagliare le tasse sulle mance (perché notoriamente gli italiani non mancano occasione di dichiararle nel loro 730) e tu pretendi che di fronte a cotante questioni le tue paturnie partecipative superino a destra tutto quel po’ po’ di problemi? Va bene, concordo, ma a parte che a destra non si supera e che in effetti questo è un difetto assolutamente non imputabile all’italiano medio, come peraltro quello di parcheggiare in seconda fila (o in terza o niente: l’italico conducente fa le cose per bene), però permettete che a noi rimanga la domanda.



Ovviamente è una nostra personale nevrosi quella che vorremmo vedere approvata una legge che promuova, attraverso la contrattazione collettiva, il diritto dei lavoratori a star dentro alle decisioni e agli utili delle imprese per avere salari più alti, più qualità e stabilità del lavoro, anche, perché no?, maggiore sicurezza sui luoghi di lavoro.

Certamente chiedersi se le aziende sono più produttive, se c’è maggiore flessibilità organizzativa, se investimenti e occupazione sono ben radicati sui nostri territori è roba per pochi bislacchi di nicchia, ma noi ci ostiniamo a credere che governare significhi far questo, rispondere a queste domande.

Oh, mica stiamo dicendo che il Parlamento non lavora, che a Roma si fa niente. No, semplicemente siamo stati colpiti dal morbo della curiosità e non possiamo fare a meno di non interrogarci.

Ripetiamo: dove diavolo è finita la proposta di legge? La commissione competente (ce ne sarà pur una, per forza, che compete sull’argomento) l’ha incardinata? Che poi quando ci dicono che una legge è incardinata siamo colpiti da una grave forma d’ansia: sarà mica che l’hanno imbullonata in qualche angolo nascosto di Palazzo Madama? Oppure una torma di suoi nemici a nostra insaputa l’ha già murata e da lì non la sposteranno più finché gli studiosi del 3024 la ritroveranno e ne faranno un argomento per una tesi di dottorato in archeologia industriale?

E se non è incardinata che fa? Gira libera per i corridoi parlamentari? Si nasconde per sfuggire agli sguardi libidinosi e vogliosi dei giornalisti che vorrebbero capirci qualcosa e sono interessati al lavoro come elemento di valorizzazione ed elevazione della persona. A proposito: lo sapete, come ha ricordato Gigi Sbarra ai parlamentari, che la parola “elevazione” ricorre solo due volte nella Costituzione e sempre in relazione al lavoro?

Sì lo sappiamo, cioè non quello che si dice della parola elevazione, ma sappiamo che oggi il popolo dello Stivale deve confrontarsi con temi profondamente divisivi tipo da che parte stare nello scontro titanico tra Twiga e Papeete sullo sciopero degli ombrelloni o dire la propria riguardo alla guerra contro i condizionatori dichiarata dal sindaco di Portofino, ma possibile che nessuno abbia più notizia di un foglio di carta che parla di lavoro come elemento di sviluppo economico e, ancor più, di progresso sociale?

Sia chiaro: noi abbiamo fiducia e sappiamo che quell’oscuro oggetto del nostro desiderio che è la legge sulla partecipazione sarà più forte del ritorno del Covid-19, dell’inflazione galoppante (che non esiste però, come ci dicono ogni giorno i tiggì e se lo dicono loro deve essere per forza vero), del conflitto russo-ucraino e finanche di quello mediorientale e che, prima o poi, uscirà da quella buca in cui si nasconde. Solo che ci resta un dubbio: non è mica che, una volta saltato fuori gli faran fare la fine di Saddam Hussein?

Comunque, fiduciosi nel genere umano e sempre positivi, diamo un indizio a ogni persona dotata di buona tenacia che voglia stanare la suddetta proposta: dopo aver messo di mezzo quelli di NCIS e pure quello di CSI abbiamo scoperto che la proposta è in discussione presso le competenti commissioni della Camera dei deputati con numerazione A.C. 1573.

Cioè, ci siamo chiesti, 1573 Avanti Cristo? Mio Dio: sarà mica che dovremo rivolgerci a Bones, l’anatomo-patologa che in televisione fa parlare gli scheletri?

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