Ormai le mobilitazioni sindacali con le relative astensioni dal lavoro più o meno generali seguono una logica e un calendario di carattere stagionale. Ci sono le mobilitazioni di primavera/estate, poi, dopo la pausa feriale, iniziano quelle di autunno/inverno che accompagnano la presentazione, la discussione e l’approvazione della Legge di bilancio. Cgil e Uil hanno pensato che fosse venuto il momento di varare un programma di iniziative di lotta, calendarizzate fino a pochi giorni di distanza dalle elezioni europee. Andiamo a consultare – su Collettiva, il giornale on line della Cgil – che cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi mesi, a partire dall’11 aprile, quando Cgil e Uil hanno proclamato uno sciopero generale di quattro ore in tutti i settori privati, che diventano otto nell’edilizia, con manifestazioni e iniziative territoriali a sostegno delle comuni rivendicazioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, giusta riforma fiscale, nuovo modello di fare impresa, contrasto alla precarietà e rinnovo dei contratti nazionali.
La sola novità che balza in evidenza è la scelta della giornata di sciopero che, per la prima volta dopo anni, si svolgerà di giovedì e non di venerdì. Si proseguirà sabato 20 aprile con una manifestazione nazionale a Roma, sempre su iniziativa di Cgil e Uil con al centro i soliti temi di carattere generale. L’ultima raffica della mobilitazione (almeno per ora) si svolgerà sabato 25 maggio, con una grande manifestazione nazionale a Napoli de “La Via Maestra” contro il premierato e l’autonomia differenziata, per la realizzazione dei diritti al lavoro, alla salute, alla conoscenza, a una previdenza universale sanciti dalla nostra Costituzione, per la pace e per fermare ogni guerra.
La “Via Maestra” non è un’indicazione stradale, una sorta di calle major degli spagnoli, ma un’alleanza di un centinaio di associazioni che somiglia molto a quella “coalizione sociale” che Maurizio Landini voleva costituire ai tempi d’oro della Fiom e alla quale rinunciò quando fiutò l’aria di una possibile successione al posto di Susanna Camusso nel piano nobile di corso d’Italia.
En passant, la Cgil e la Uil avranno daranno il loro contributo nelle due festività sacre del 25 aprile e del 1° maggio. Come ogni anno – è scritto su Collettiva -, la Cgil garantirà il proprio impegno alla presenza e alla partecipazione a tutte le iniziative che si svolgeranno il 25 aprile, a partire da quella nazionale di Milano, sostenendo i valori e i contenuti della nostra democrazia repubblicana e antifascista fondata sul ripudio della guerra, sul diritto al lavoro e sui diritti sociali e civili.
Immaginiamo che non mancherà l’intesa con l’Anpi e che sarà garantita la presenza attiva di tutte le forze di vari toni di rosso che dal 7 ottobre scorso hanno manifestato per la liberazione della Palestina (dal fiume al mare). Anzi quest’anno la festa del 25 aprile sarà dedicata non alla Resistenza italiana, ma a quella di Hamas. La presenza dei reduci della Brigata ebraica – che non veniva tollerata nemmeno quando le armi tacevano nella Striscia di Gaza – sarà bene che quest’anno non si faccia proprio vedere, per motivi di incolumità, visto il vento di follia che si accanisce sulle piazze d’Italia. Peraltro se i sindacati seguono imperturbabili i loro tempi, può accadere che nelle prossime settimane la situazione internazionale ponga problemi nuovi e più urgenti.
Nei giorni scorsi è stata avviata la campagna referendaria secondo le indicazioni dell’Assemblea generale della Cgil del 27 febbraio. Col contributo della Consulta giuridica della Confederazione sono stati definiti quattro quesiti referendari: i primi due sui licenziamenti, uno sul superamento del contratto a tutele crescenti e l’altro sull’indennizzo nelle piccole imprese, il terzo sulla reintroduzione della presenza delle causali per i contratti a termine e il quarto, relativo agli appalti, sulla responsabilità del committente sugli infortuni sul lavoro. Dopo il deposito dei quesiti in Cassazione, i controlli previsti dalle procedure vigenti e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, partirà la raccolta delle firme.
Tale iniziativa – assicura Collettiva – sarà sostenuta da assemblee in tutti i luoghi di lavoro e in tutti i territori, costruendo un vasto arco di alleanze sociali, e sarà completata da proposte di legge d’iniziativa popolare su lavoro, rappresentanza, povertà e salute. La Cgil, poi, non esclude di scendere in campo contro la legge sull’autonomia differenziata e le altre riforme istituzionali (dalli al premierato!) volute dal Governo e dalla maggioranza, se e quando fossero approvate e sottoposte a referendum confermativo.
Si può dire – senza offesa per nessuno – che con queste iniziative il più importante sindacato italiano si avventura sul terreno della politica/partitica, collocandosi in modo chiaro non su di una posizione autonoma, ma da una parte precisa: quella dell’opposizione. Per giunta proponendosi come unificatore e guida delle forze ora un po’ sbandate della sinistra “pentita”. Non è difficile per un sindacato trovare dei motivi di critica al Governo in carica che gli consentono di proclamare degli scioperi. In questo caso, però, la Cgil- con i referendum – si intromette nelle prerogative del potere legislativo, non solo per quanto riguarda i problemi economici e sociali, ma anche sui temi istituzionali. La finalità principale, tuttavia, è quella di fornire dei contenuti specifici nel campo del lavoro per integrare le materie sulle quali si batte la sinistra, costringendola, però, se dovesse appoggiare i referendum, a ripudiare l’azione che il Pd ha portato avanti, negli anni scorsi, stando al Governo e in maggioranza. Basta individuare la titolarità delle norme che la Cgil vorrebbe abrogare, per riscattare le colpe dei riformisti.
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