«Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire». Con queste frasi Sandro Pertini, futuro, e molto amato, presidente della Repubblica, proclamò, il 25 aprile 1945 a Milano, l’insurrezione generale in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti. L’anno successivo, in ricordo di quell’evento, il 25 aprile fu dichiarata festa nazionale.
A quasi ottant’anni da quelle vicende è sempre utile riflettere sul valore della lotta per una rinnovata libertà del nostro Paese e sulla nascita di un nuovo “spirito nazionale” che portò nel 1948 all’approvazione della nostra Costituzione Repubblicana “fondata sul lavoro”. È, certamente, interessante, ad esempio, la lettura che offre, oggi, nel 2024, un’aggregazione di oltre 160 associazioni, denominata “La Via Maestra”, tra cui la Cgil che rimane, tuttora, il principale sindacato italiano.
In un articolato documento si sostiene che, almeno secondo gli estensori, anche nel nostro Paese (come in altri europei ma non solo) stiano emergendo concreti rischi di una restrizione degli spazi democratici e di uno stravolgimento dello spirito e della lettera della nostra Costituzione. Si ritiene, in particolare, che il modello sociale definito dalla nostra Costituzione, fondato su uguaglianza, solidarietà, accoglienza, e partecipazione, rappresenti l’antitesi del modello che si vuole, oggi, realizzare nel nostro Paese e che, altresì, si stia lavorando per minare l’unità del Paese e alimentare, ulteriormente, le diseguaglianze tra i cittadini (specialmente i più fragili) e i territori (si pensi a titolo esemplificativo al Mezzogiorno).
Sono progetti, quelli dell’Esecutivo Meloni e la sua maggioranza, secondo “La Via Maestra”, che delineano un grave rischio per la coesione sociale, e democratica, del nostro Paese e che rischiano di scardinare le fondamenta stesse dell’impianto della Repubblica.
La situazione sociale ed economica è, quindi, ritenuta sempre più grave: il lavoro è, infatti, sempre più precario, le diseguaglianze e la povertà crescono, il welfare, la sanità, l’istruzione sono sempre più definanziati, in progressivo smantellamento, e indeboliti dalle privatizzazioni una volta si sarebbe detto “selvagge”.
Siamo, insomma, di fronte a una legittima, e fisiologica, critica politica a un Esecutivo rispetto alla quale si è opposizione “sociale” nel Paese.
Sembra, fortunatamente, non esserci però, almeno a breve, la sensazione di dover proclamare un nuovo sciopero generale contro l’occupante nazista e la necessità di un nuovo 25 aprile.
È da auspicare, tuttavia, che nessuno delle parti in gioco si dimentichi quel buio passato che ha vissuto il nostro Paese, e nel quale è auspicabile nessuno voglia tornare, e che operi, nel rispetto dei diversi ruoli, per il presente e per il futuro, per rendere, ad esempio, concreto, ed effettivo, il diritto al lavoro e per dare la possibilità a tutti i cittadini di “svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società” come ci ricorda l’art. 4 della nostra Costituzione “nata” proprio quel 25 aprile di tanti anni fa..
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