Quando ho letto l’intervista di Maurizio Landini sul Corriere della sera di domenica, mi sono chiesto se il leader della Cgil e il sottoscritto viviamo nello stesso Paese. Sarà perché io conduco una vita ritirata, ma non mi sono accorto che “i diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione sono oggi tutti messi in discussione”. Mi sono subito ricordato di aver letto nei giorni scorsi che il Segretario generale della Cgil ha illustrato i risultati di una ricerca (poi secretata) da cui emergeva un giudizio negativo sulla confederazione a fronte di un apprezzamento per il suo leader. Il che si spiega soltanto con la filosofia del Marchese del Grillo: “Io so’ io e voi non siete un c…o”. E questo principio non vale solo all’interno dell’organizzazione (dove nessuno si azzarda a dire: A Mauriziè, ma che stai a dì?), ma anche nei confronti dell’opinione pubblica che deve sorbirsi una narrazione dei fatti che solo Landini conosce, anche se non trovano un riferimento significativo nei dati della realtà.



Il capo della Cgil ricorda qualche santone che, nell’approssimarsi dell’anno mille (“mille e non più mille” dicevano le Sacre Scritture) andava in giro a predicare la fine del mondo e invitavano a fare penitenze per scontare i propri peccati, dando tutti i loro beni ai poveri, indossando il saio e sottoponendosi al cilicio. Secondo Landini, siamo in presenza di una catastrofe democratica, civile, economica e sociale. Non si capisce perché gli altri Paesi ci tengano in considerazione e non ci abbiano cacciati dal G7 e ci ritengono ancora una delle principali potenze industriali sul pianeta massacrato dal cambiamento climatico che il Governo “del freddo, della fame e della paura” (come si diceva un tempo) continua a ignorare. Ai miei tempi uno dei sindacalisti peggiori (comunque un genio rispetto a quelli di oggi) che ho conosciuto soleva dire che per capire la situazione si regolava sulla base delle considerazioni del suo barbiere e del negoziante dove andava ad acquistare il cibo per i suoi cani (essendo nel tempo libero un cacciatore). Chissà dove Landini matura le sue opinioni? Di certo non si orienta non solo con le statistiche dell’Istat, ma neppure con i pregevoli lavori del suo Centro Studi (la Fondazione Giuseppe Di Vittorio).



Comunque il prossimo 7 ottobre la Cgil insieme ad altre 100 associazioni (oves et boves et omnia pecora campi) indicheranno al Paese “la via maestra”. Scusate se è poco. Secondo Landini: “Il lavoro è precario e sottopagato, i diritti alla salute e alla cura e allo studio non sono più garantiti, la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro peggiora”; “si nega la crisi climatica e si aumentano le spese per armi anziché essere costruttori di pace. E si vuole stravolgere la Carta con l’autonomia differenziata e il presidenzialismo”. E sgorga dall’animo un basta: “Basta precarietà, più salari, rinnovo dei contratti nazionali, fissazione di una quota oraria minima quale salario minimo, una legge sulla rappresentanza che dia validità generale ai contenuti salariali e normativi dei contratti nazionali. E una riforma fiscale degna di questo nome”.



Eppure l’Istat all’inizio di agosto ha certificato che, a giugno 2023, è proseguita la crescita dell’occupazione (+82 mila rispetto al mese precedente) e il numero degli occupati è salito sale a 23 milioni e 590mila. Rispetto a giugno 2022, gli occupati sono 385mila in più, per effetto dell’aumento dei dipendenti permanenti e degli autonomi che ha più che compensato la diminuzione dei dipendenti a termine. Su base mensile, il tasso di occupazione sale al 61,5%, mentre quelli di disoccupazione e di inattività calano al 7,4% e al 33,5% rispettivamente. Quanto al rinnovo dei contratti bisognerebbe che Landini rispondesse a una domanda: a chi spetta questo compito? 

Una volta toccava ai sindacati. Secondo l’ultima rilevazione del Cnel, il 57% dei contratti collettivi dei settori privati è scaduto; i lavoratori interessati sono 7,7 milioni. Sarà perché non sanno più fare il loro mestiere che Landini & compagni si attaccano al salario minimo legale, dopo avere impedito che il tema fosse affrontato secondo quanto disposto da bel due leggi, la prima del 2012 (la riforma Fornero del mercato del lavoro), la seconda il “famigerato” Jobs Act.

Quanto alla passione per la Costituzione chi scrive è contrario a ulteriori modifiche, anzi se fosse possibile abolirebbe anche quelle che sono apportate. Ma non si può accusare di violare la Costituzione con l’autonomia differenziata che è prevista in un articolo o con l’elezione diretta del capo dello Stato come prevedeva la relazione finale della Commissione bicamerale presieduta da Massimo D’Alema.

Poi arriva l’appello a quella mobilitazione che Landini invoca da mesi: “Non è più il momento di stare a guardare”. Ecco perché la manifestazione di sabato 7 ottobre sarà solo l’inizio. Ce n’est que un début. “Se non vedremo questi cambiamenti nella prossima Legge di bilancio, la mobilitazione sarà generale”, promette Landini, rimarcando che in settembre la Cgil farà “una consultazione straordinaria tra lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati, giovani, cui chiederemo cosa pensano delle nostre proposte e se sono disposti a sostenerle con noi, fino allo sciopero”. Non sarà mica uno sciopero insurrezionale?

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