Non si può dire che sia politica in senso stretto, ma di certo la più recente proposta avanzata dal Segretario generale della Cisl Luigi Sbarra non è, o meglio non è solo, sindacale.

L’idea del segretario del sindacato di via Po è semplice e, per certi aspetti, spariglia le carte: la Cisl isolata, che poi ciò sia vero o meno è un altro affare ma la narrazione dei media dice questo, con la mossa del cavallo scavalca gli assedianti e li attacca alla schiena. Schienarli, però, sarà un altro affare e la partita è ancora lunga, lunghissima.



L’occasione era buona, forse unica: l’assemblea organizzativa nazionale del sindacato cislino e averla usata è segno positivo. D’altronde in quest’autunno della comunicazione dominato dal nulla mescolato al niente e che ha saputo trasformare vere tragedie in melodrammi simbolici per cui non si capisce più se la separazione di Giorgia sia un fatto politico, mondano o strettamente personale, o nella quale le comunicazioni a vario titolo di venditori e venditrici di prosciutti sui social assurgono al rango di pensiero alto, questa è stata la sola finestra di attenzione dedicata dai principali media a proposte sindacali che non siano di stretta provenienza del duo Pd-Cgil.



Dunque, la proposta. Serve un nuovo patto sociale per, citiamo, “unire il Paese su obiettivi strutturali non più rinviabili” come “i nodi di sistema che frenano qualità e quantità dell’occupazione, aumento di salari e pensioni, sicurezza sul lavoro, formazione e politiche attive, nuove strategie e relazioni industriali, investimenti e produttività”.

A glossa e chiosa della dichiarazione due aggiunte: l’accordo si fa “tra istituzioni, sindacati e imprese” e riguarda tutti quelli che ci stanno e l’intesa non può più aspettare “se vogliamo aiutare il Paese a risollevarsi dall’emergenza pandemica, dell’inflazione e dell’impatto forte di due guerre. Dobbiamo costruire insieme, lavorare insieme. E la via è quella di un grande patto”.



Vaste programme, come commentò a Parigi il generale de Gaulle quando si avvide che i suoi soldati auspicavano di liberarsi de tous les cons. Sbarra non è de Gaulle (e non sappiamo neppure se auspicherebbe esserlo, ma poco importa qui) e la quantità di idioti ancora in circolazione impone una seria riflessione a chi si accinga alla bisogna, ma sta di fatto però che l’idea che ha lanciato fa coppia con la recente raccolta di firme promossa dalla sua organizzazione per una legge sulla partecipazione dei lavoratori: è stato insomma strutturato un programma sociale alternativo a quello attorno a cui Cgil e Uil stanno aggregando le forze sindacali movimentiste e quelle politicamente più estremiste. Si vanno così formando due blocchi sociali: non a caso, pensiamo, Sbarra ha richiamato le origini della Cisl, le cui basi furono gettate proprio quando il Fronte Democratico Popolare si opponeva alla Dc e alle forze democratiche e la Cgil Unitaria trasmetteva nelle fabbriche le parole d’ordine del Pci-Psi trasformando le lotte sociali e dei lavoratori in un fatto politico.

Lo confermano proprio le parole con cui ha ribadito che la Cisl rifiuta “di sottostare a una supposta egemonia di aree sindacali movimentiste o di partiti che cercano sostegni e cinghie di trasmissione”. Tradotto dal sindacalese: se Landini vuole operi pure come se fosse il segretario del Pd e Schlein si accodi o accomodi, faccia lei. Finché c’è questa situazione la Cisl farà accordi con Cgil e Uil su singole battaglie, ma nessuna intesa generale è possibile.

Noi non crediamo che Landini, che non è mica stupido, abbia mai pensato che avrebbe trovato nella Cisl un compagno di strada o che Sbarra avrebbe mai detto altro. Però è chiaro che il duo Cgil/Pd mira a raggruppare le aree ideologicamente affini e che negli ultimi vent’anni si erano disperse in un rivolo di scissioni, separazioni, distinguo, sottolineature, diversità e differenziazioni. Prima di tutto i compagni (anche quelli che hanno sbagliato), poi gli altri se vogliono possono aggregarsi.

Ma la Cisl, ce lo chiediamo, a chi si rivolge allora? Non all’attuale maggioranza politica, perché per quanto in Cisl siano moderati e, lo dicono i numeri, una parte consistente degli iscritti abbia votato per qualche forza dell’attuale Governo, il gruppo dirigente ha ancora forti legami con aree del Pd. A Confindustria dunque e alle maggiori associazioni categoriali? Mmmh. Difficile: se così fosse Sbarra avrebbe fatto una scommessa ardua, perché per fortuna nei luoghi di lavoro le categorie politiche passano sempre, o quasi, in secondo piano rispetto alle concrete urgenze delle imprese e dei lavoratori. Dobbiamo ancora vedere una Confindustria che si lega in accordi e impegni su temi come quelli proposti dalla Cisl lasciando mani libere alla Cgil. E d’altronde se la Cgil aderisse a questi accordi sconfesserebbe almeno in parte la linea che ha fin qui sostenuto, ad esempio, su salario minimo o sulla Legge di bilancio. E quindi, torniamo a chiederci?

A nostro avviso la proposta non ha un riscontro immediato in termini di alleanze o intese, ma mira piuttosto a costruire una rete sociale che contenga, nel senso di arginare, la protesta e che invece contenga, nel senso di essere pieno di, una serie di proposte. La scommessa, pertanto, è quella di andare oltre il populismo sindacale e aprire uno spazio al riformismo. Su questo piano la palla ora passa a quelle associazioni, pensiamo ad esempio a Confcooperative o Confartigianato, che hanno storicamente buone relazioni con la Cisl e con le quali si potrebbero in effetti tentare accordi per sperimentare buone soluzioni ai problemi dei salari, della tassazione eccessiva, dei diritti dei lavoratori, della formazione continua. Ma il Patto potrebbe declinarsi, al di fuori di intese nazionali, anche sul piano locale, laddove ve ne fossero le condizioni.

Il punto sarà come tenere insieme lotta e governo perché, come Sbarra dixit, “con Cgil e Uil molti obiettivi rimangono comuni” giacché in questa fase “il sindacalista non può vendere sogni, ma deve fare i conti con la realtà e nella difficile realtà di questa stagione costruire risultati e conquiste per le persone che rappresenta”.

In ogni caso l’esperienza insegnerà cosa fare: non è mica la prima volta, infatti, che tra Cisl e Cgil/Uil le cose si complicano. Anzi. per la verità una situazione identica a questa si registra ogni volta che al Governo ci va qualcuno (l’altro ieri la Dc, ieri era Forza Italia, oggi sono i parenti d’Italia) che non aggrada al sindacato che fu di Di Vittorio. Sembra quasi un riflesso condizionato: ma appunto è su questo che dal 1948 le forze sindacali divergono e non sarà certo Landini a modificare tale andazzo. Anzi, se possibile, il bordeggiamento politico che contraddistingue la sua azione più recente dimostra che, da buon reggiano, il modello sociale che lo guida assomiglia maledettamente a quello in auge nel secondo dopoguerra.

<Epperò, come noto, la storia quando torna più che alle tragedie assomiglia alla farsa. E se lo disse Carletto, al secolo Marx, c’è da credergli.

D’altronde lui sì che se ne intendeva di rivoluzioni.

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