Quando pensate a Ferragosto cosa vi viene in mente? Se siete normali, il mare, i monti, al limite i profumi dei prati o della salsedine. Il relax, la pace dei cieli notturni e degli infiniti disegnati dalle stelle nel nero della notte. Se siete normali e credenti ci aggiungerete, o lo farete precedere, da una preghiera di ringraziamento alla Madonna. Se poi siete normali, cristiani e attenti al bene comune aggiungerete qualche ulteriore preghiera per l’Italia, e per tutti quegli italiani che non sono in ferie, non hanno l’animo di guardare al cielo e sono costretti a lottare con le incombenze di un duro quotidiano. Se siete un cristiano con qualche problema identitario perché pensate di essere sovranisti del Paradiso (cioè decidete voi chi ci deve andare e che il Buon Dio si adegui; come d’altronde fece la peste con donna Prassede), allora a Ferragosto non farete nulla di ciò perché tanto voi avete appena celebrato il compleanno della Madonna e non vi sembrerà il caso di fare quel che dice Papa Francesco posto che avete già dato retta a Papà Matteo…



Se siete un politico italiano di questi tempi grami vi verrà in mente solo il curioso invito rivoltovi da un vostro collega bello abbronzato che ha, appunto, appena finito di fare le ferie al Papeete e che vi dice di alzare il vostro c… e di tornare a Roma. Per il bene dell’Italia? Boh, bah, beh! Se siete sindacalista infine vi toccherà l’ingrato compito di ricordare ai governanti che la realtà non si trova nei tanti Papeete diffusi lungo la Penisola e che non c’è tempo da buttare via. Così è stato l’altro giorno per Cgil, Cisl e Uil che presumibilmente tutto si aspettavano tranne di dover rammentare a un Governo in carica quale è la situazione concreta in cui navighiamo.



Nessuna crisi, diciamocelo, si sviluppa su argomenti seri, e questa non fa eccezione: d’altronde in questo anno abbiamo assistito da un lato al calo del Pil e alla discesa a picco dei redditi degli italiani, ma dall’altro, quasi a compensare tutto ciò, a un incremento esponenziale delle barzellette e delle bislaccherie di ministri e sottosegretari. Davvero ci saremmo meravigliati se il Governo fosse morto diversamente da come è vissuto: ridicolmente. Quanti di noi d’altronde hanno avuto modo di seguire dibattiti e di vedere provvedimenti che abbiano risolto (dal latino re solvere, cioè sciogliere un nodo), qualcosa in materia di sicurezza, di gestione delle emergenze, di investimenti industriali?



Quante vertenze aperte al Mise che riguardano centinaia di migliaia di posti di lavoro sono state occasione per ripensare il Paese e per dargli un futuro? Quanti provvedimenti sono stati assunti in materia di qualità del sistema industriale e produttivo, di Pubblica amministrazione? Ha messo insieme più presenze Salvini al Parlamento di Bruxelles che questo Governo decreti e norme. Ed è tutto dire!

Il sistema di istruzione e conoscenza traballa pericolosamente; per la sanità pubblica dovete solo pregare di ammalarvi nel posto giusto: in Lombardia le cose vanno di male in peggio (la mitica sanità formigoniana è l’età dell’oro), ma altrove il solo miglioramento è stato che adesso le formiche non attaccano più i malati vivi, ma si accontentano dei poveri resti dei morti. Il divario tra Nord e Sud è diventato largo che neanche il Grand Canyon; i cantieri pubblici sono agili e scattanti come un gatto di marmo. Non si parla di infrastrutture materiali e sociali: insomma, ce ne sarebbe di carne al fuoco per discutere e per litigare e infine per decidere.

Ma la crisi no, quella la facciamo sui sondaggi (Matteo dixit): confessiamocelo, in fondo a che serve un Governo che governi? Si rischia di perdere consensi a governare: meglio allora una bella campagna elettorale nella quale promettere che spenderemo soldi che non abbiamo; che impegneremo risorse che non ci sono; che costruiremo un Paradiso, possibilmente sovranista da cui saranno esclusi i brutti, i poveri, i disoccupati, gli emarginati.

La Germania traballa, la Cina rallenta, gli Usa sono sulle montagne russe, e l’Italia che fa? Si regala una bella crisi di governo e una campagna elettorale: così tutti potranno sognare. Sognare un lavoro che si creerà per miracolo; l’estinzione del debito pubblico che avverrà tramite la fotocopia di moneta; esportazioni in aumento verso quei paesi europei che noi giornalmente insulteremo perché se lo meritano e noi siamo noi mentre loro sono un c…. Come diceva l’Albertone nazionale.

Cgil, Cisl e Uil non sono stati solo realisti, hanno rivelato per l’ennesima volta che questo Paese non è tutto uguale alla politica che si è dato e che non tutta la politica è specchio di questo Paese: ci sono forze sane, al centro come a destra e a manca, che non hanno menti narcisistiche e che invece sono concentrate sul bene comune. Anzi.

I tre segretari di Cgil, Cisl e Uil ci permettano una chiosa al loro documento: chiediamo come società civile al Presidente della Repubblica Mattarella di organizzare rapidamente un corso di recupero per studenti fuori corso. Argomento: il concetto di bene comune. Su chi debba frequentarlo vedete voi: noi la nostra idea ce l’abbiamo, e ce la teniamo per noi. Ma a chi debba essere affidata la lectio magistralis, su questo non vi sono dubbi: che venga Papa Francesco e che spieghi ai nostri non-governanti di cosa si tratta, e che differenza passa tra sondaggi e scelte di governo. Tra Narciso e San Tommaso. Tra De Gasperi e Pulcinella o Arlecchino.

E che Dio, quello che ha come vicario il Papa e non quello sovranista del Got mit Uns, per intercessione della Madonna di Fatima e dei santi, ce la mandi buona. Ma lo avvisiamo subito: la situazione è così seria che anche Lui dovrà mettercisi di buzzo buono.

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