I toni sono sempre cortesi, ma la sostanza delle dichiarazioni rilasciate da Annamaria Furlan agli organi di informazione nei giorni immediatamente precedenti il Natale lascia poco spazio all’immaginazione. La Segretaria generale della Cisl non ci sta a confondere cortesia e contenuti e richiama brutalmente il Governo alle sue responsabilità, mandando nel contempo ai partner della Cgil un netto avvertimento a futura (e presente) memoria.



“Noi non giudichiamo – ha detto la numero uno del sindacato di via Po – dal colore politico di chi governa. La concertazione la si fa fra soggetti liberi e autonomi. Se viceversa serve a introdurre per legge la riforma della rappresentanza, il salario minimo o a modificare le regole sul mercato del lavoro, non va bene. Il nostro faro sono gli interessi dei lavoratori. Non firmiamo patti al buio, noi giudichiamo i governi dai fatti”.



Insomma, non è che i problemi italiani siano stati risolti dopo che è salito al potere un Governo che ha aggiunto al giallo dei Cinque Stelle il rosso del Pd, e che mostra un’etichetta istituzionale decisamente meno grezza di quello che l’ha preceduto. Con il pragmatismo che contraddistingue il DNA cislino, la sua Segretaria generale ha mandato un netto richiamo a Cgil e Uil. Va bene parlare di patti generali per il lavoro, va bene la lotta all’evasione fiscale a ridurre il cuneo. Ma se qualcuno pensa di scambiare assets politici e sociali di valore per pochi spiccioli, allora ha sbagliato i calcoli. La primogenitura non si vende per un piatto di fagioli. Nemmeno, anzi soprattutto non, a un Governo che si ostina e dirsi e considerarsi amico dei sindacati e delle realtà intermedie e che nel concreto non fa seguire fatti precisi e parole al miele.



Le frasi di Annamaria Furlan non cadono a caso a pochi giorni dall’approvazione della manovra finanziaria e dalla proposta avanzata dal leader della Cgil Maurizio Landini di un patto per il lavoro.

Si tratta di una proposta che la Cisl avanzò a suo tempo e che ora pare essere stata fatta propria anche dalla Cgil. Certo, i rapporti tra le due maggiori organizzazioni sindacali sembrano essere tornati al bello dopo le tensioni e le polemiche che caratterizzarono gli ultimi tempi della gestione-Camusso. Ma, appunto, nella visione della Furlan e della Cisl, le cortesie, le affermazioni di principio e le dichiarazioni di intento sono importanti, ma in nessun caso sostituiscono, nella scala valoriale, i fatti, le scelte concrete operate in Finanziaria.

Figuriamoci allora quando si parla di introdurre per legge la riforma della rappresentanza, il salario minimo o di modificare le regole sul mercato del lavoro, cioè quando si arriva ai nodi di fondo del contrasto storico tra i due maggiori sindacati. Furlan ha visto nelle offerte che le sono state presentate il rischio che i sorrisi e le buone maniere prendano il posto di investimenti pubblici, assunzioni, riorganizzazione del nostro Paese, risposte concrete alle situazioni di crisi aziendali, aumenti delle pensioni. E che alla fine la politica del sorriso porti a scardinare il corretto rapporto che, nella visione cislina, deve regolare la relazione tra lo Stato e la società: nessuna legge può dire e normare quel che la società può e vuole creare. Affidare le libertà sindacali a una norma emanata dal Parlamento equivarrebbe a delegare agli interessi dei partiti il patrimonio di valori che le comunità conservano e da cui nasce quel particolare fenomeno italiano che sono le reti di solidarietà.

Per questo quando la Furlan avvisa che “bisogna essere chiari nelle scelte e negli obiettivi, dire dei sì o dei no” non mira a una polemica fine a se stessa, ma sta ponendo le basi per una discussione più ampia: se il Governo davvero ha in mente di cambiare registro nei rapporti con il corpo sociale, allora aumenti le risorse per ridurre il cuneo fiscale, rivaluti le pensioni, abbia più coraggio in tema di innovazione, ricerca, rinnovi i contratti della Pubblica amministrazione, sblocchi i cantieri pubblici.

Sono scaduti i mesi di apprendistato della maggioranza giallo-rossa, ma la Furlan si rifiuta di stilare pagelle e dichiarare fiducie o sfiducie. Anzi, la numero uno della Cisl insiste sulla validità di una proposta unitaria sindacale al Governo pur chiedendo alla Cgil una vera discontinuità, e alla maggioranza quale atteggiamento avrà sui decreti sicurezza, se il decreto sblocca-cantieri sarà migliorato, se finalmente si eviteranno gli appalti al massimo ribasso. Soprattutto, però, quando la Cisl per bocca della sua numero uno si domanda quanti dei centosessanta tavoli di crisi hanno finora trovato una soluzione, sceglie per la discussione con Governo e Cgil un terreno per nulla ideologico ma tutto sindacale: le condizioni dei lavoratori; le scelte strategiche che fin qui sono state quanto meno ballerine; i criteri con cui vengono e verranno gestite piccole o grandi crisi industriali e bancarie.

Insomma, la cortesia istituzionale è importante, riconoscere il ruolo della società civile è nel DNA italiano, ma si tratta pur sempre delle semplici premesse. Il contenuto vero, quello sul quale misurare il grado di concertazione che questa maggioranza intende mettere in campo, sono le scelte strategiche che impattano sulla concreta realtà sociale, economica e finanziaria italiana; e su questa scala saranno anche giudicati i comportamenti unitari.

La Cisl, che notoriamente guarda alla Dottrina sociale della Chiesa e a Papa Francesco come ai fari del suo agire, non ci sta ad accettare comportamenti alla “viva il parroco” sulla pelle di “trecentomila lavoratori che non passeranno un Natale sereno”.

In fondo Annamaria Furlan non ha fatto altro che ribadire un antico assunto cislino: non esistono governi amici o nemici, sono tutti semplici conoscenti. E chiedere ai partner se davvero questo è valido anche per loro, come dicono, o se stanno bluffando.

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