Com’è noto, nella giornata di venerdì 19 giugno, Marco Bentivogli ha rassegnato le sue dimissioni irrevocabili dalla guida della Fim, la categoria dei metalmeccanici della Cisl. Ed è altrettanto noto che, da tempo, avesse qualche problema di non facile gestione all’interno della Cisl che non poteva che riverberarsi sulla sua stessa organizzazione di cui, appunto, fino a venerdì è stato Segretario generale.
La lettura che a ogni modo viene data a questa notizia che ha del clamoroso – essendo stato Bentivogli uno dei protagonisti più validi e vivaci del dibattito economico degli ultimi anni – è che i suddetti problemi siano riconducibili a questioni caratteriali e che la sua evidente esuberanza fosse un problema, in particolare, per la segreteria nazionale della Cisl. In modo molto semplicistico, il caso pare per molti sindacalisti come per molti commentatori una questione relazionale, un problema liquidabile col brutto carattere di chi ha guidato i metalmeccanici in questi anni.
Bentivogli non ha un bel carattere e, sicuramente, ha commesso qualche errore. Ma ritenere che le ragioni di questa vicenda siano da ricercare su questo piano è esercizio banale che lasciamo a chi non conosce il sindacato o a chi – anche internamente a esso – si divide tra simpatizzanti o detrattori di Bentivogli. La realtà, come sempre, ha una sua complessità che nel caso specifico ha a che fare con un cambiamento interno a strutture e processi di cui ancora non si vede nessuna luce.
Proprio oggi, ricorre il decennale del referendum di Pomigliano, col quale i lavoratori di Fiat – nel 62% – esprimevano il loro favore agli accordi di cui la Fim e la Cisl, in particolare, erano state promotrici. È storia nota, inutile dilungarsi. Con quegli accordi che ancora oggi lasciano aperti molti problemi visto l’esito giudiziale che hanno prodotto, il baricentro decisionale interno al sindacato si spostava di molto verso le federazioni di categoria. Non solo, le vicende della crisi economica rendevano sempre più complicato per le confederazioni dare risposte concrete sul piano contrattuale, tanto che l’ultimo importante accordo sulle politiche contrattuali è ancora quello del 2009 (che proprio apriva le porte alla vicenda Fiat).
Certamente vi è stato un lavoro importante delle confederazioni in questi anni che ha tenuto insieme la rappresentanza sociale – accordo sulla rappresentanza 2014 e patto della fabbrica 2018 in particolare – ma la dinamica inflattiva in negativo (2014) e l’inevitabile scelta di ridefinire il recupero dell’inflazione a livello dei singoli contratti (2015) rendevano molto più protagoniste le federazioni di categoria di quanto lo fossero state precedentemente. Si ricordi anche che la finanziaria del 2016 dava un impulso rilevante – per quanto poi poco capitalizzato dalle imprese – alla contrattazione di secondo livello attraverso la detassazione del salario di produttività.
Ora: se c’è stato un problema vero in questi anni – al di là del carattere di Bentivogli – è che il sindacato ha faticato e fatica tutt’ora a rilanciare un’idea di confederalità, cioè di rappresentanza dell’intero mondo del lavoro. E dentro questo vuoto, chi più è stato protagonista – i metalmeccanici – ha trovato uno spazio enorme, anche facilitato dalla pratica ordinaria dei luoghi di lavoro. Va anche detto che la categoria delle tute blu è quella più “pesante”, non solo per questione di numeri ma anche per la sua storia. Da sempre i metalmeccanici hanno quasi conteso quest’idea di universalità della rappresentanza alle organizzazioni di cui fanno parte.
Proprio in questo senso va letta la proposta di Landini di un accordo per gli smart workers: è l’intenzione, ahimè ancora tale e anche un po’ debole, di lanciare un messaggio confederale, ovvero universale, ai lavoratori. Non è chiaro tuttavia fino a quando durerà questa difficoltà, un po’ perché il sindacato confederale è la parte meno agile dell’intero sindacato, un po’ perché l’idea di una nuova confederalità è un’idea complessa.
Nel frattempo vedremo come evolvono le vicende in casa Cisl. Anche Landini non ha un bel carattere, e proprio ai tempi della vicenda Fiat ce ne siamo accorti tutti. Ma è diventato Segretario generale della Cgil.
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