La proposta di Legge di bilancio possiamo dire che l’ha scampata. L’Europa ci ha rimandato a dopo le elezioni per non creare conflitti che potevano assumere un impatto politico elettorale e i fondi internazionali stanno valutando positivamente la tenuta della nostra economia. L’andamento dello spread indica un trend positivo. Trarre la conclusione che allora va tutto bene pare però un guardare alla realtà con il binocolo sfocato. In una situazione internazionale in cui anche per i Paesi più forti è ancora attuale il rischio recessione, la nostra tenuta su bassi tassi di crescita sembra un risultato eroico.



Non siamo amanti del populismo per cui non ci interessa rinfacciare alle forze di Governo che questo risultato è dovuto al tradimento di molte delle loro promesse elettorali. Non sia mai che ci ripensino e vogliano veramente attuare le follie economiche da loro indicate nei programmi pre-governativi. Resta però la constatazione che la nostra situazione economica e sociale non brilla. Lo snodo essenziale è che abbiamo bisogno di crescere di più per poter avere spazi di manovra nelle spesa affrontando il calo del debito pubblico che pesa sulla nostra economia.



La situazione è come quella di una famiglia che ha una certa quota di debiti e che li passa alle generazioni successive che però sono meno numerose e che quindi, in assenza di cambiamenti di fondo, vedranno aumentare i debiti che a loro volta lasceranno a chi verrà dopo. Più produttività e quindi più risorse a disposizione sono la via d’uscita da cercare.

Ecco che la critica alla proposta di bilancio che si può avanzare appare più chiara. Aumentare la capacità produttiva e la produttività di sistema diventa prioritario. Il contrario dei ritardi accumulati nella realizzazione degli investimenti dei fondi del Pnrr e delle politiche dei prezzi che hanno impoverito gli stipendi e favorito con l’inflazione le rendite contro la produzione.



La manovra economica ha così portato a emergere una diffusa opposizione. Diffusa ma non forte perché si presenta divisa in almeno due grandi famiglie.

Una gran parte delle forze che si oppongono alla maggioranza di governo ha con il populismo un flirt uguale e contrario a quello delle forze di maggioranza. Partono da un pregiudizio politico per cui questa maggioranza non è legittimata a governare perché erede di una destra anticostituzionale. Questo principio ha il grande vantaggio di permettergli di protestare senza avanzare proposte di riforma credibili. La chiamata alla mobilitazione è stata contro le ingiustizie, le diseguaglianze e la pace nel mondo. Vasto programma come si suol dire. Inattaccabile sulla base dei principi, ma vuoto di proposte per l’oggi.

Vi è poi una parte minore delle opposizioni che ritengono che questa fase di confronto vada comunque usata per cercare di correggere e cambiare le scelte fatte per rimettere in moto il cantiere di investimenti e riforme che servono per permettere al Paese di riprendere una crescita economica necessaria ad affrontare i problemi sociali che si sono accentuati in questi anni.

La stessa dinamica descritta per definire le diverse forme di opposizione politica hanno caratterizzato le risposte del sindacato.

Cgil e Uil hanno sviluppato piattaforme di rivendicazioni che si possono riassumere in: vogliamo risolvere tutti i mali del mondo. Ovviamente di fronte a richieste così importanti non poteva che essere indetto lo sciopero generale. E lasciamo perdere se hanno battezzato generale uno sciopero che tale non è. L’obiettivo giustifica la scelta del nome al di là dell’effettiva realtà.

La Cisl ha scelto una via diversa. Ha convocato un’assemblea nazionale a sostegno di un’articolata piattaforma di rivendicazioni. Anche la piattaforma Cisl, mostrando che la difficoltà a scegliere le priorità del confronto è una caratteristica di tutto il sindacato italiano, è comprensiva di una quantità di temi che non potranno certamente essere risolti con la manovra di cui si discute. Parte delle proposte sono però già state avanzate ai tavoli di confronto con alcuni risultati positivi.

Al centro delle iniziative Cisl ci sono una scelta e una proposta innovativa. In questi mesi sono state raccolte oltre 200mila firme a sostegno di una proposta di legge di iniziativa popolare per la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese. È una caratteristica storica di questo sindacato che viene portata avanti in un periodo dove la discussione sulla funzione e il ruolo dei sindacati è diventata dirimente.

È sicuramente in corso un processo che porta a una disintermediazione delle relazioni. C’è stata in parte la volontà politica di perseguirla, ma anche un cambio indispensabile di recupero dei ruoli dei soggetti delle relazioni sociali dopo un periodo di concertazione che aveva offuscato ruoli e responsabilità. In questa fase di difficoltà anche la presa del sindacato verso i nuovi lavoratori ha incontrato crescenti criticità.

Le risposte vincenti sono venute laddove la contrattazione, e quindi la capacità di dialogo anche con i nuovi lavoratori, ha toccato gli aspetti locali del lavoro. Contrattazione aziendale e territoriale hanno saputo metter al centro delle piattaforme richieste che cercano di rispondere a quanto ci si aspetta dall’organizzazione del lavoro di cui si è partecipi. Stipendi e produttività sono certamente importanti quanto il welfare aziendale e la formazione continua. Soprattutto nascono da un confronto in cui entrambi i protagonisti portano esperienza, proposte e responsabilità sui risultati.

È in questo contesto che la proposta di legge per la partecipazione dei lavoratori assume un valore di risposta anche alla domanda su come deve cambiare e crescere il fare sindacato.

L’alternativa che viene proposta è un sindacato che cerca di occupare lo spazio politico perché vorrebbe essere il portatore non di un continuo cambiamento migliorativo, ma di un compiuto progetto di società. Un pericoloso ritorno al passato mentre servirebbe portare in politica i temi sindacali del ritardo dei rinnovi contrattuali e degli appalti di lavoro, anche della Pa, con salari sotto i minimi contrattuali.

È una divisione che rende debole la difesa del lavoro in questa fase, ma non può che risolversi che con un sindacato che guardi avanti e non si faccia attrarre dalle gioie del passato.

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