Forse più che i vari quotidianini tipo Verità o Domani, alla fin fine ha ragione il buon vecchio Manifesto: magari con la nuova segretaria la Cisl deciderà di stare meno sola e – sottinteso ma ovvio: siam pur sempre (vecchi) compagni – si adeguerà alle posizioni neorivoluzionarie del Landini d’assalto (inteso come sindacalista).
Lo so: il mondo è in preda a crisi neurologiche, Trump vuole la Groenlandia per farci i ghiaccioli, ma anche il Messico (o solo il Golfo? mica si capisce in fondo), intanto minaccia Putin (ma per scherzo) e spiega all’Europa che il conto lo deve pagare lei. I cinesi nel frattempo siccome non erano abbastanza intelligenti hanno inventato l’Intelligenza artificiale e, colpo di scena!, si scopre che non solo non sono copioni inveterati, come da cliché cabarettistico (o politica estera nostrana, ma poco divide), ma sanno anche inventare quel che non c’è e a costi più bassi rispetto ai nuovi padroni della Casa Bianca. Hamas per fortuna è stato distrutto dopo un anno di bombardamenti e finalmente Israele può fare la pace con Hamas e riavere i suoi prigionieri da Hamas (mumble mumble: ma non era mica stato distrutto e sconfitto? Boh!). In Africa per fortuna nulla di nuovo: lì si continua a morire come mosche ma a nessuno frega nulla. Tranne a noi che l’unico sbarcato con un barcone che riusciamo a rimandargli indietro è anche l’unico ricercato dai Tribunali internazionali per ‘qualche’ crimine contro l’umanità. Si vede bene quanto a noi stia a cuore non privare mai quel disgraziato continente dei migliori prodotti locali!
Bon, e quindi? Quindi vi sembra davvero importante stare qui a menarla con le vicende di quel “Piccolo Mondo Antico” che sono i sindacati nostrani? Adesso poi che pure Giletti si è messo a sparare sulla Croce Rossa, pardon sui patronati? Sì che ci sembra: intanto perché se proprio voleste un’alternativa sarebbe un articolo sulla tradizione manoscritta dei trovatori occitanici e magari vi sentireste meno disposti a sorbirvelo, ma poi perché in fondo sarà piccolo e sarà antico, ma è pur sempre il nostro mondo, quello crepuscolare in cui siamo cresciuti, quello dei corpi intermedi, del bene comune, del cittadino che è anzitutto persona. Capite che rinunciarvi è come strapparsi un capello dalla testa (già ampiamente “tricolesa”). Allora torniamo a noi.
Stiamo parlando della diatriba eterna tra Cisl e Cgil: eterna perché è cominciata nel 1948 e non solo non c’era Internet, ma non c’era nemmeno la televisione e al massimo il cinema lo vedevano alcuni in parrocchia alla domenica pomeriggio e tra un po’ festeggeremo i cento anni di polemica, e altro che la guerra dei Cent’anni tra Francia e Inghilterra.
Nelle precedenti puntate la Cisl trattava con il Governo e Cgil e Uil scioperavano da sole contro il mondo con il Pd che stava con loro abbastanza ma non troppo e insomma quasi. Poi il Governo decise di appoggiare la proposta di legge popolare presentata dalla Cisl per la partecipazione dei lavoratori nelle aziende e Forza Italia, non esattamente un partito dei lavoratori, se ne fa carico. A quel punto dunque l’opposizione si oppone, compreso magari qualche ex Segretario della Cisl. Ovviamente la Cgil strepita e accusa: attentato ai diritti e ai lavoratori. In risposta, o in anticipo, ma poco cale anche di ciò, la Cgil stessa medesima presenta i referendum sul Jobs Act. Sì c’erano ancora i dinosauri, ma i meno vecchi forse si ricorderanno che un tal Renzi, Segretario del Pd, rinnovò il mercato del lavoro. E quindi giustamente il Pd pensa bene di appoggiare un referendum per abolire una legge voluta dal Pd e giudicata positivamente dalla Cisl. Se siete sempre convinti che per voi qualche passaggio sulla trasmissione manoscritta trobadorica sarebbe meno comprensibile del percorso mentale medio del dirigente Dems nostrano noi andiamo avanti, ma abbiamo il sospetto che il lettore di TikTok o l’utente dell’influencer media stia cominciando di pensare di chiederci almeno a grandi linee cosa sia successo nella tradizione linguadociana orientale.
Proviamo allora a spiegare: il Pd sta su posizione diverse dalla Cisl su una questione decisiva e identitaria come la legge sulla partecipazione dei lavoratori e sta con la Cgil su una questione identitaria per il sindacato di Landini come il Jobs Act. E vabbé. Fin qui tutto bene, cioè tutto chiaro: questo Pd è il partito di tutti, nel senso che sta con tutti anche quando le posizioni sono, diciamo, leggermente divergenti. Altro che Aldo Moro, altro che convergenze parallele. Siamo oltre l’infinito e si entra direttamente nel metafisico! Ove però s’incasina tutto e avviene il miracoloso? Settimana scorsa un esponente del Pd attacca il Governo (che nella sua infinita bontà non fa nulla per far mancare argomenti alle opposizioni) in nome della difesa della purezza originaria della legge popolare sulla rappresentanza voluta dalla Cisl. Altro che “chi non è con me è contro di me”: qui “chi è con me è anche contro di me ma perché vorrebbe che il me fosse più me di me”.
Ora la domanda che ci si fa, tra i pochi almeno cui interessa questa roba, ma che osiamo sempre immaginare siano ancora un paio di più di quelli che anelano a tutti i costi per avere informazioni sui manoscritti trobadorici in Toscana, è: il Pd ha cambiato posizione? E perché? Sarà mica contro la Cgil? Ci saranno scissioni in vista (da certe parti ci sono sempre scissioni in vista)? Tranquilli, l’esegesi ce la fornisce il caro vecchio Manifesto: Sbarra se ne va, arriva Fumarola. Magari è la volta buona che anche loro, cioè i “compagni” della Cisl, tornano nell’orto a brucare l’erba della rivoluzione.
Ora per fortuna non siamo né segretari nazionali cislini, né segretari piddini ,né segretari cigiellini: rispettiamo tutti, ma la domanda che ci poniamo in questo gran bailamme che è la politica del lavoro, riguarda piuttosto i contenuti e i risultati desiderati. Nel senso che osiamo sperare che il fine ultimo di ogni azione politica sia il bene comune (ve l’ho detto: siamo vecchi. Capiteci), quindi ci piacerebbe che almeno su un tema importante come quello dei salari e dei lavoratori gli ideologismi e gli ideologemi venissero lasciati per il dopo apericena. Non pretendiamo di spiegare al Pd quali siano i suoi pubblici di riferimento e chi debba rappresentare, ma è evidente che buttare in politica politicante temi importanti come quelli dei salari bassi, della rappresentanza, del ruolo dei lavoratori nella governance delle imprese sia un sostegno al più bieco populismo.
Se anche l’Avvocato generale della Corte di giustizia europea si è pronunciato a favore dell’annullamento della Direttiva Ue sul salario minimo in quanto materia di competenza dei singoli Stati e non di Bruxelles perché non prenderne atto e mettersi attorno a un tavolo per ragionare insieme? Aumento dei salari minimi e contrattazione decentrata non sono per forza materie in contrasto tra loro e incompatibili. Ricordiamo proposte avanzate dalla Fim-Cisl (c’era Bentivogli) e che erano basi di partenza per percorsi comuni. Certo, il problema non può essere sempre quello identitario: in un sistema-Paese nel quale, conti alla mano, ci sono quasi un milione e mezzo di lavoratori attivi che guadagnano meno di quel che è stabilito come livello di povertà il problema non può essere quello di “farla vedere” all’altro. Per questa ragione la posizione del Pd ci è ancora meno comprensibile di quella della Cgil: perché se non si tratta di una questione identitaria, allora è una questione di contenuti, ma su questi temi non si può essere contro o a favore a seconda che tu mi sia amico o nemico. Perché nel momento in cui sei solo un mio semplice conoscente cosa faccio (per dirla con le Sturtruppen)?
Così la strumentalità di qualche posizione assomiglia quasi alla scarsa voglia di arrivare a una qualche conclusione: come giudicare altrimenti l’attacco piddino (ma mica tutto!) e landiniano alla proposta Cisl sulla partecipazione dei lavoratori nelle imprese, proposta appoggiata dal Governo che l’ha pure finanziata con 70 milioni di euro, perché sarebbe un attacco alla contrattazione collettiva e incentivare la contrattazione aziendale, a spese di quella nazionale? Ma su quale base? L’esperienza tedesca (chiedere alla Fiom nel caso) dice esattamente il contrario.
Se poi il Governo ha affossato la proposta di legge sul salario minimo sostenuta dalle opposizioni e dalla Cgil, la reazione di Pd, Cinque Stelle e Alleanza verdi e sinistra di raccogliere le firme per una nuova legge di iniziativa popolare che dovrebbe essere discussa entro aprile ci sembra ancora tutta di immagine politica: serve a marcare il punto, non a incrementare i salari. Nel frattempo, in assenza di legge, è intervenuta la magistratura: e colpisce che, diamo a Cesare quel che è di Cesare perché Cleopatra distribuisce lei il suo, dati i rapporti tra maggioranza e magistratura e le accuse di esondazione rivolte alle toghe, che proprio sui salari, cioè sull’argomento che preoccupa principalmente gli elettori e le famiglie italiane, si lasci alla magistratura il lavoro che dovrebbero fare le parti sociali o, se proprio più vi garba, il legislatore.
Come sempre tra due tifoserie si scatenano gli ultras, ma non è con il fegato che si ragiona. La contrattazione collettiva, nazionale o decentrata, per filiere o per categorie, per aziende singole o per territori, è una risposta che ha portato ottimi frutti e notevoli risultati (chiedere a Luxottica per informazioni), ma tutto deve passare attraverso la certificazione dei soggetti in grado di rappresentare le parti (aziende e lavoratori). In questo senso le prime avvisaglie della promessa riforma governativa di quella contrattazione di cui si sono perse le tracce erano state più che preoccupanti: non vorremmo che alla fin fine passasse l’idea della ministra Calderone per cui i sindacati più rappresentativi sono quelli che firmano il maggior numero di contratti.
In questo caos comunque nulla si è fatto e mentre gli indigenti aumentano (chiedere Banco Alimentare per informazioni), il settore dei lavoratori poveri non registra flessioni e, anzi, è in mesto (perché triste, mica perché basso) incremento.
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