Qualcuno intravede un rischio in questa fase: ora che la politica ha fatto il pieno di soldi, ora che ci sono i soldi da spendere, ebbene è arrivato il momento per il Palazzo di fare da solo, di escludere la Società civile, i corpi intermedi dalle fasi decisionali più significative. Badate bene: se glielo chiedete mica vi risponderanno che è così. Anzi: pioveranno su di voi i «Ma cosa pensate?, «Figuratevi, al contrario», «Abbiamo bisogno di unità e coesione e siamo all’ascolto di tutti». Eppure, eppure qualcosa stona, qualcuno sta suonando uno spartito che nessun altro nell’orchestra ha mai né visto né sentito.



C’è un desiderio di “fare il solista” che stona, è il caso di dirlo, con le pubbliche dichiarazioni sull’orchestra e la sua coesione. Attenzione, non ci si confonda: non è mica un riferimento al solo primo ministro Conte, il quale certo non brilla per senso di squadra e invece da giurista sembra sfruttare tutte le pieghe del regolamento (alias la Costituzione) per ritagliarsi spazi e libertà prima mai visti. Roba che viene il sospetto, ma per dirla alla Macron “honny soit qui mail y pense”, che tutto sommato lui il Covid-19 certo non lo avrebbe mai voluto, certo gli dispiace, certo è una disgrazia per gli italiani, ma … Appunto: ma?



Proviamo a mettere in fila qualche riflessione: ci sono stati gli Stati Generali (ci si passi il calembour), in cui ognuno ha potuto sfilare davanti al Re Sole per dire la sua. Tutti, ma proprio tutti, perfino la Commissione Ue, hanno potuto esprimersi. E cosa di meglio di questo? Quale maggiore esercizio di libertà che poter dire la propria opinione davanti al Supremo? Beh, questo è un diritto costituzionale, ma nel nostro concetto di coesione sociale, la libertà di parola è un caposaldo dei diritti umani, non la via attraverso cui passano contrattazione sociale, compartecipazione dei corpi intermedi, coinvolgimento delle parti economiche nelle scelte della nazione. Insomma, Conte sembra, anzi diciamo siamo certi, conosce la Costituzione, ma mostra qualche limite nella riflessione su San Tommaso e il concetto di società. Eppure, da giurista pugliese, avrebbe pur dovuto frequentare un tale Aldo Moro e i suoi scritti in materia.



Noi non siamo Aldo Moro, né ci avviciniamo alle sue vette. ma qualche suggerimento al Conte primo ministro glielo vogliamo dare. Anche perché, al contrario di troppi italiani, non sapremmo che consigliare al Conte allenatore di calcio…

Il dato di fondo che emerge da queste settimane, infatti, è ancora una volta l’errore che fu fatale a Romano Prodi. Ve lo ricordate? Per arrivare a entrare nell’Euro, chiese aiuto a tutti, coinvolse nei sacrifici chiunque aveva la (s)ventura di transitare dalle parti di Roma, usò di ogni strumento per far mettere in ordine i conti (almeno da punto di vista strettamente ragionieristico). Poi una volta raggiunto il risultato, in pubblica piazza, cioè in televisione, ringraziò tutti, ma proprio tutti, anche mia zia casalinga. Ma si dimenticò di dire che senza sindacati e imprenditori non ce l’avrebbe mai fatta. Una piccola omissione. Che però aprì una stagione all’insegna non più della contrattazione sociale, bensì dell’ascolto delle parti. E soprattutto aprì una stagione di profonde fratture tra corpi intermedi e classe dirigente. Fu (è) un disastro. E dire che siamo certi che Prodi almeno aveva ascoltato Moro (anche nei suoi discorsi dal vivo e non solo sui libri): probabilmente deve essere stato vittima del morbo del potere e deve essersi detto che “Mò che ho le chiavi faso tuto mì”.

Quella fu una chance sprecata. E ne pagammo le conseguenze per i successivi vent’anni. Oggi, anzi domani, avremo una seconda chance: l’Europa, a fatica, tra mille dubbi e tirate di orecchie, ci dà una seconda opportunità. Arrivano/arriveranno, 200 miliardi e più.

Per fare che? Se il panorama delle proposte è quello emerso agli Stati Generali, vabbè, potevamo tratteggiarlo anche noi, che siamo nessuno, a gratis e senza royalties! Quei fondi si spenderanno su progetti non “a pioggia”. Se c’è una roba che non funziona a Bruxelles, dove pure la formula fu inventata qualche secolo fa, è il todos caballeros del “reddito di cittadinanza” e di “quota 100” e delle mille invenzioni/furbizie italiche per distribuire i pesci invece che insegnare a pescare. Non si pensi di riprovarci: senza una concertazione, un vero confronto con la pancia operativa del Paese, che è rappresentata da sindacati e imprenditori, non dai sondaggi e dalle trasmissioni tivù pomeridiane, il rischio che corriamo è che per i prossimi 50 anni ci troveremo, o meglio i nostri figli si troveranno, a pagare i debiti senza aver goduto di nessun beneficio perché questo se lo saranno mangiato genitori assai poco generosi e per nulla previdenti.

Nei giorni tesissimi di luglio in cui si doveva decidere sui miliardi, eravamo a Bruxelles, al Cese, il Comitato economico e sociale europeo, un’istituzione che raduna i rappresentanti di tutta la società civile europea. Una sorta di Cnel che però funziona. Anche lì, come Conte al Consiglio degli Stati, sindacalisti e imprenditori italiani si batterono per approvare documenti che chiedevano non un controllo dei Governi su altri Governi, ma che la Commissione facesse da cabina di regia, che il bilancio fosse comunitario, che partisse una operazione di condivisione del debito, che si sostenessero quei Governi che più avevano pagato un prezzo atroce al Covid. Insomma, Conte avrà anche fatto la sua parte, ma non è stato mica l’unico nel poco assolato Belgio ad aver difeso gli interessi nazionali.

Segua il sistema tedesco, ove si litiga e discute, ma poi le decisioni si prendono insieme e ognuno si assume la sua parte di responsabilità. Oneri e onore. Lasciare ai sindacati e agli imprenditori la gestione dei soli licenziamenti, lasciare sulle spalle di chi produce il peso di far andare avanti la baracca italica per concentrarsi su provvedimenti acchiappa-voti non è né buono, né bello. Anche perché la storia insegna che in tutte le crisi più o meno recenti, il sindacato e le associazioni imprenditoriali alla fine si sono rivelate decisivi e indispensabili. Meglio evitare i tentativi di isolarli e di farne a meno: il tempo alla fine costringerà Governo, partiti e Parlamento a discutere con i corpi intermedi.

Allora, Conte e accoliti ci ascoltino! Isolare i sindacati e gli imprenditori, al netto di personalità urticanti che possono annidarsi di qui e di là, non è buona politica e a dire il vero non porta neppure bene: per calcolo o per pura scaramanzia apra le porte alla concertazione. Perché di Re Sole, ce n’è stato uno, e il suo successore è finito a Place la Concorde. Per fortuna quei tempi sono finiti, ma in politica, e Conte lo sa, un sacco di gente sarebbe pure disponibile a (metaforicamente) tagliargli la testa. Ops, scusate, a togliergli la sedia!

P.S.: I pochi lettori noteranno che oggi siamo di umore francese. Promettiamo per la prossima volta solo metafore tratte dalla storia lettone. In omaggio al tenero e frugale Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione europea che aspetta solo di leggere un Libro dei Sogni all’italiana per riaprire le danze!

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