L’altro giorno mi stavo arrovellando sui problemi connessi all’uso dell’energia nucleare, argomento di grande interesse scientifico e tecnologico, dai molteplici risvolti pratici. Come noto, esistono due tipi reazioni nucleari che possono essere utilizzate per produrre energia: fissione e fusione. Nel primo caso caso, atomi pesanti (come l’uranio) si spezzano in elementi più leggeri. Nel secondo caso, elementi leggeri (come l’idrogeno e i suoi isotopi) si fondono in elementi più pesanti. La fusione presenta molti vantaggi rispetto alla fissione e un unico svantaggio: non funziona.
Ed ecco l’intuizione: la stessa cosa succede nella politica italiana! Sarebbe bello vedere tra i partiti politici e le parti sociali una reazione analoga alla fusione, per cui ci si mette d’accordo sul da farsi in armonia: purtroppo dobbiamo fare i conti con la fissione. I partiti sono in perenne conflitto fra di loro, non raggiungono (quasi) mai un accordo, la coalizione si dissolve. All’interno del singolo partito, le diverse correnti sono in disaccordo, il partito si scinde in due partiti più piccoli. Ma anche all’interno dei nuovi partiti creati dalla scissione si creano correnti che non si mettono d’accordo, si produce una nuova scissione e così via, all’infinito. Diversamente da quanto accade nella fissione nucleare, in questo caso non c’è produzione di energia, ma solo una gran perdita di tempo.
Un esempio di fissione è dato dallo sciopero generale di che ha avuto luogo giovedì 16 dicembre. Secondo l’ex sindacalista Marco Bentivogli, intervistato da Fabio Scacciavillani sul canale Youtube “Inglorious Globastards”, il 90% degli sgravi fiscali previsti dalla legge finanziaria (8 miliardi di euro) andrà ad alleggerire la pressione fiscale sui redditi più bassi. In altre parole, sempre secondo Bentivogli, si tratta di una manovra che favorisce i lavoratori e le fasce più deboli, circostanza di cui i sindacati avrebbero dovuto rallegrarsi. Così non è stato.
Per documentarmi e farmi un’opinione non “biased”, ho ascoltato il discorso fatto da Maurizio Landini a Roma durante lo sciopero, in versione integrale. Partendo dai fondamenti storici, il Segretario generale della Cgil ha rivendicato il diritto di sciopero, ricordando che tale diritto fu abolito dal regime fascista. Ha poi proseguito ricordando il fallimento del Jobs Act di Matteo Renzi (“quello che parlava inglese”) e dichiarandosi sorpreso per la “tristezza” espressa dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi in relazione allo sciopero. Entrando nel merito, Landini ha poi ripercorso le tappe principali della negoziazione con il Governo, dando però un’interpretazione diversa delle cifre e dell’impatto della manovra sulle varie categorie produttive.
È obiettivamente molto difficile per i non addetti ai lavori (e anche per gli altri) capire se qualcuno ha ragione e, in caso affermativo, chi. Altrettanto difficile è decidere se lo sciopero generale abbia avuto successo oppure no: il balletto delle cifre regna sovrano, impedendo di arrivare a una verità condivisa. Paradossalmente, esiste però un fatto su cui tutti sono d’accordo: Governo e sindacati non si sono messi d’accordo.
Questo tipo di esito, tipico del processo negoziale italico, è in netto contrasto con quanto normalmente accade in Germania. A nord delle Alpi, tra il Reno e l’Oder, il concetto di “Mitbestimmung” (codecisione) si riferisce alla partecipazione al processo decisionale delle parti che possono influenzarsi vicendevolmente nel modo di lavorare e di vivere. Nelle aziende tedesche, la Mitbestimmung denota il potere di codecisione dei rappresentanti dei lavoratori: la loro partecipazione alla gestione aziendale include il diritto di informazione e la possibilità di dare suggerimenti in tema di politiche aziendali. Senza farla troppo lunga, in pratica padroni e lavoratori gestiscono insieme l’azienda.
A sud delle Alpi, invece, la dinamica dei rapporti fra le parti prende la forma di uno scontro tra squadre: padroni contro lavoratori, lavoratori autonomi contro lavoratori dipendenti, pensionati contro percettori del Rdc, settore pubblico contro settore privato, Nord contro Sud, fascisti contro comunisti. Obiettivo: arrecare al maggior numero di avversari il maggior danno nel minor tempo possibile. Il bene comune resta un’immagine sfuocata sullo sfondo.
Il raggiungimento di un accordo è impresa ardua anche perché gli accordi prevedono sempre un compromesso, e i compromessi in Italia sono guardati con sospetto. I presunti accordi tra PDL e PD “senza L” furono bollati da Beppe Grillo con il termine “inciucio”, non propriamente elogiativo. Il M5S si rifiutò per anni di governare con altri partiti, votando peraltro contro l’unica proposta elettorale (l’Italicum di Renzi) che prevedeva un algoritmo in grado di conferire a un solo partito la maggioranza assoluta: l’unica possibilità di conciliare governo e non-inciucio. Negli ultimi anni il movimento ha cambiato idea, ma i suoi elettori sembrano non aver gradito.
Quali sono i meccanismi psicologici alla base di questo atteggiamento? Ecco una possibile interpretazione. In Italia il pensiero “essere fregati” è estremamente disturbante, mentre l’idea “fregare qualcun altro” lo è meno. Nel paesi del Nord Europa, invece, “essere fregati” ha una connotazione meno negativa, mentre “fregare qualcun altro” è considerato meno positivamente (naturalmente le fregature non piacciono neanche agli svedesi, stiamo parlando di differenze minime, ma sufficienti, a mio parere, a condizionare le dinamiche sociali).
Tornando al tema dello sciopero, secondo questa teoria i sindacalisti italiani sarebbero terrorizzati dal pensiero che qualcuno possa dire: “L’accordo raggiunto non è abbastanza vantaggioso per i lavoratori: ti sei fatto fregare dal Governo”. Qual è la soluzione? Semplice: la linea dura a oltranza, continuare a lamentarsi e a negoziare, sempre e comunque, secondo il precetto “chiagni e fotti”. Se non sono mai contento, nessuno potrà dire che mi sono accontentato (di un accordo svantaggioso).
Voglio concludere dicendo che i fatti e i personaggi citati sono puramente casuali: credo, infatti, che le dinamiche sociali a cui assistiamo siano il frutto di una mentalità trasversale, diffusa nel popolo italiano a tutti i livelli. Una mentalità che si nutre di pregiudizi: i lavoratori pensano che i padroni pensino che i lavoratori siano dei fannulloni che vogliono solo portare a casa lo stipendio; i padroni pensano che i lavoratori pensino che i padroni siano degli sfruttatori. E le aspettative hanno notoriamente la tendenza a trasformarsi in profezie che si autorealizzano.
Mi ricordo di aver assistito tempo fa a un talk show in cui si discuteva dell’atteggiamento “morbido” dell’opposizione verso il Governo (ho dimenticato i dettagli, ma non importa). Il giornalista Alessandro de Angelis di Huffington Post disse, a chiusura della sua orazione: “In un Paese normale, l’obiettivo dell’opposizione è mandare a casa il Governo”. Con tutto il rispetto, no: in un Paese normale il compito dell’opposizione è aiutare la maggioranza a governare meglio nell’interesse del Paese; padroni e lavoratori devono lavorare insieme per far prosperare l’azienda e preservare i posti lavoro. Il Paese in cui succedono le cose che immagina De Angelis non è un Paese normale: è l’Italia.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.