Non è un tema da poco quello sollevato da Ignazio Marino, chirurgo e soprattutto ex primo cittadino di Roma: «nessuno nelle grandi città vuole più fare il sindaco». Lo ha spiegato bene in un lungo editoriale sull’Espresso che parte ovviamente dalle forti difficoltà sia del Centrodestra che del Centrosinistra a trovare candidati adeguati e spendibili nelle metropoli al voto in autunno (Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna). Ma la riflessione è ben più ampia e parte da lontano, dalle responsabilità a cui è chiamato un sindaco con salario e “garanzie” spesse volte rivelatesi del tutto insufficienti.
I casi di Sala, Raggi, Appendino e dello stesso Marino, tutti indagati durante i propri mandati per motivi diversi ma per tutti “limitanti” l’azione politica nei 5 anni in Municipio: «La recente condanna a un anno e sei mesi di prigione della sindaca Appendino (per i disordini di piazza San Carlo la notte della finale di Champions League, ndr) ci deve fare riflettere su diversi temi. Il primo è la responsabilità delle Procure e dei media nel creare nell’immaginario collettivo l’idea che una persona sia colpevole di un reato già nel momento in cui riceve l’avviso di garanzia», scrive l’ex sindaco di Roma Capitale.
PERCHÈ È UN PROBLEMA OGGI FARE IL SINDACO
Come ribadisce il principio cardine del garantismo, esser indagati non significa essere colpevoli: «basta una banale ricerca su internet per trovare pagine e pagine con i nomi di persone la cui reputazione è stata mediaticamente infangata nel momento dell’apertura di una indagine della magistratura». Secondo punto per Ignazio Marino che allontana l’ambizione dei politici locali a divenire sindaci è la responsabilità a cui è chiamato un primo cittadino: «responsabilità enormi, compreso un bilancio annuale in alcuni casi superiore a quello di una grande azienda». Il Sindaco di Roma, spiega Marino, è responsabile di un bilancio cittadino superiore ai 5 miliardi di euro e, come maggiore azionista, di un fatturato di altri 3,2 miliardi di euro per Acea, la multiutility che distribuisce acqua ed elettricità. Ebbene, lancia la provocazione l’ex sindaco (travolto dalle inchieste che lo hanno fatto dimettere salvo poi risolversi in un nulla di fatto, ndr): «Quale amministratore delegato accetterebbe la responsabilità di gestire un’azienda con un bilancio annuo di quasi 10 miliardi, oltre sessantamila dipendenti, diversificata in aree strategiche che vanno dai trasporti sino ai rifiuti tossici di un ospedale, per un salario di 4.500 euro al mese e senza la possibilità di scegliersi una squadra di professionisti che possano assumersi le necessarie responsabilità in ciascuna delle aree di attività dell’azienda?».
Il rischio di essere denunciato ogni giorno non dà garanzie, in nessuna grande città: se poi si aggiungono i fatti “imponderabili” come una rissa in Piazza San Carlo a Torino o peggio ancora un’alluvione a Genova (il caso Marta Vincenzi), si può ben intuire perché non vi sia una smania particolare per correre alla poltrona di sindaco. Infine, Marino cita la sua stessa esperienza decisamente esemplificativa: «Per circa trent’anni ho eseguito trapianti di fegato. […] Ho sempre fatto il mio mestiere con diligenza e tutto il sapere di cui disponevo e non sono mai dovuto entrare in un tribunale per una denuncia. Per ventotto mesi ho fatto il sindaco e, in relazione a questa carica, sono dovuto entrare nei palazzi della Giustizia come imputato decine di volte».