La sindrome dell’untore Covid sta colpendo sempre più persone in questo periodo difficile di pandemia di Coronavirus, come rivela un approfondimento a cura de “Il Giornale”, nel quale è stata data la parola a Fabrizio Rocchetto, psicologo, piscoanalista e psicoterapeuta: “Quello che ho imparato dalla mia esperienza personale e clinica – dichiara il medico –, è che il Covid è un virus subdolo, che conosciamo ancora troppo poco. Non abbastanza per poterci dire capaci di stabilire una responsabilità”.
Secondo Rocchetto “il vero rischio è innescare un sentimento di persecuzione o di paranoia nelle persone” e in Italia, come chiarisce Gabriele Sani, professore di Psichiatria presso l’università Cattolica di Roma, anche le strutture che si occupano di supporto psicologico successivo all’infezione da Coronavirus si prendono cura di soggetti che provano la profonda paura di avere contagiato un proprio caro: “Normalmente quando uno fa del male involontariamente a un’altra persona c’è grande dispiacere. Laddove si sviluppa un senso di colpa, è giusto andare a indagare la presenza di un vero e proprio quadro di alterazione psicopatologica, verosimilmente di tipo depressivo”.
SINDROME DELL’UNTORE COVID: “DIFFUSISSIMA TRA OPERATORI SANITARI
Per quanto concerne la sindrome dell’untore Covid, come afferma sulle colonne de “Il Giornale” Alberto Siracusano, direttore di Psichiatria e Psicologia clinica del Policlinico Tor Vergata di Roma, “svolgendo un lavoro a rischio, medici e infermieri hanno paura di portare il virus, senza rendersene conto, in un ambiente casalingo. Ci sono state un’ansia e una preoccupazione molto diffuse soprattutto l’anno scorso, nel momento in cui l’esperienza pandemica era ancora nuova e per noi sconosciuta”. Gli fa eco Alessandra Simonelli, direttrice del dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione dell’università di Padova: “I movimenti psicologici legati alla pandemia sono tantissimi. La sindrome dell’untore, ossia di paura prima e di colpa dopo, si è verificata in particolare sui sanitari che sono stati i più esposti percentualmente al rischio. Ma ricordiamo che in molte persone è evidente anche la sindrome dei sopravvissuti: chi guarisce da una parte è contento, ma dall’altra vive un senso di angoscia che porta a chiedersi, per esempio, ‘perché io non sono morto e un mio vicino di letto sì?'”.