Grazie agli sforzi di un team di un team italiano di ricercatori presto potrebbero arrivare sul mercato i primissimi farmaci al mondo contro la sindrome di Down, una delle più importanti e diffuse alterazioni cromosomiche responsabile – com’è ben noto – di disabilità intellettive e motorie. Sulle prime tra queste due si sono concentrati i ricercatori dell’unità Brain Development and Disease dell’Istituto Italiano di Tecnologia (in collaborazione con i colleghi della Proteomica Clinica dell’IRCCS Giannina Gaslini genovese), capitanati da Laura Cancedda e da Andrea Contestabile, con uno studio sui geni coinvolti nella sindrome di Down – finito sulle pagine della rivista Neuron – che stabilisce un nuovo punto di arrivo della conoscenza scientifica e medica sulla mutazione che si sviluppa a livello cromosomico.



Facendo un passo indietro, è importante ricordare che ad oggi non c’è nessun tipo di cura possibile per chi è affetto dall’alterazione del 21esimo cromosoma, perché seppur dal punto di vista della disabilità motoria esistono terapie chirurgiche e riabilitative, per quanto riguarda la più complicata disabilità intellettiva non vi è alcun approccio farmacologico. Il nuovo studio, però, è riuscito ad individuare una serie mai scoperta in precedenza di geni alterati e che potrebbero essere coinvolti in qualche modo nella sindrome di Down.



Lo studio sulla sindrome di Down: cosa potrebbe cambiare con i nuovi farmaci

La scoperta ha dell’incredibile, perché da tutta una serie di test clinici (prima su pazienti affetti da sindrome di Down e sani, ma poi anche con cellule coltivate in laboratorio che escludono le concause genetiche) il team ha appurato che quelle alterazioni sono del tutto tipiche di chi convive con la sindrome cromosomica. I ricercatori hanno, dunque, prodotto un vasto database che include tutte queste ‘nuove’ alterazioni e che potrebbe funzionare da punto di partenza per altri ricercatori per sviluppare i primi farmaci contro la disabilità intellettiva associata alla sindrome di Down.



“Al momento non esistono terapie farmacologiche approvate”, spiega la ricercatrice ed autrice dello studio Laura Cancedda che rivendica come grazie a loro si aprono (finalmente) le porte “allo sviluppo futuro di farmaci per i nuovi target che abbiamo individuato, con lo scopo di migliorare le capacità di apprendimento e memoria” e, in generale, la qualità della vita di chi soffre della sindrome di Down.