Cos’è la sindrome di Medea?
Tra mito e realtà, a Catania è avvenuta una tragedia che sembra riprendere la sindrome di Medea. Martina Patti, di soli 24 anni, ha confessato l’omicidio della figlia. Cosa sia successo non riesce a spiegarlo neppure lei quando racconta che non ricorda di aver fatto del male alla figlia Elena Del Pozzo, ma di averla colpita ad un certo punto con forza mentre lei guardava i cartoni. La follia omicida è scattata dopo aver preso la bambina da scuola. La bambina mangiava il budino mentre guardava i cartoni quando decidono di uscire per andare a casa della nonna e da quel momento la mamma non ricorda più niente. La bimba, di soli 5 anni è stata infilata all’interno dei sacchi neri dell’immondizia e poi seppellita vicino casa. Ma la madre non ricorda il motivo ed è assente e distante durante gli interrogatori. L’avvocato ha specificato che la donna non si è resa conto ed era come se qualcuno si fosse impossessata di lei. Ma perché si ipotizza nel suo caso la sindrome di Medea e di cosa si tratta? Cosa c’entra la sindrome di Medea con la storia della madre (Martina Patti) che uccide la figlia (Elena Del Pozzo)? I sintomi e le cause sono diversi.
La sindrome di Medea nasce da una leggenda e tragedia greca ma i suoi risvolti sono reali. Si tratta di una condizione psicologica della madre che uccide un figlio per vendicarsi del compagno. L’espressione è stata usata per la prima volta dallo psicologo Jacobs alla fine degli anni ’80. Si indicava così il comportamento di una madre che mira a distruggere il rapporto tra il padre e i figli, in particolare dopo una separazione conflittuale. Si è usato quindi il mito di Medea, la figlia della maga Circe e il suo rapporto con Giasone.Si presenta con delle azioni inconsce e si traduce in azioni concrete ed esplicite. Invece, in altre occasioni si può constatare che l’assassino è completamente cosciente. La madre, presa dall’odio verso il padre, scatena una profonda ira verso il figlio fino ad arrivare ad ucciderlo a sangue freddo.
Sindrome di Medea: sintomi e cause
La sindrome di Medea, dunque, è un complesso che traduce l’odio della madre verso il marito nell’omicidio del figlio in comune. I sintomi e le cause della sindrome di Medea sono stati studiati nel tempo. I principali sintomi si notano dalle madri vendicative che presentano disturbi di personalità. Aspetti aggressivi caratteriali? Sono i primi sintomi, insieme ai comportamenti impulsivi e le tendenze suicide.Chi è affetto dalla sindrome di Medea ha relazioni disordinate e generalmente sempre in conflitto. Un fattore importante che gioca un ruolo fondamentale è l’andamento di coppia. Quest’ultima è una potenziale causa che sviluppa la sindrome di Medea. Le origini possono essere l’allontanamento emotivo da parte del marito. Difatti, quando il rapporto tra i due diventa conflittuale, la donna potrebbe percepire vuoto e abbandono e sviluppare questa brutta malattia. Un aspetto comune è che l’amore materno scompare.
Sindrome di Medea e il caso Martina Patti
«La prima importante precisazione che voglio fare è che, nel caso di Catania, possiamo parlare di sindrome o complesso di Medea, ma non avendo parlato direttamente con la donna sono soltanto ipotesi», ha dichiarato a Wired lo psicologo psicoterapeuta Michele Mezzanotte, studioso di mitologia e aspetti psicologici legati ad essa. L’esperto, dunque, non si sbilancia sulla fattispecie, ma neppure esclude che possa effettivamente trattarsi di sindrome di Medea. Ciò per tre ragioni. «Il primo aspetto del complesso di Medea deriva dall’etimologia del nome stesso, che significa “scaltro, scaltrezza”. Nel caso in questione, da parte della donna c’è stato un tentativo di “essere scaltra”, perché dopo aver ucciso la figlia ha inscenato un rapimento». Inoltre, c’è la gelosia, da intendere come mancanza di amore, che porta ad una distruzione dei legami, in questo caso madre-figlia. «La terza riflessione riguarda la rabbia, perché l’uccisione è un atto di rabbia, di violenza».
Nel caso dell’omicidio della piccola Elena Del Pozzo, c’è la rabbia della madre per se stessa in relazione al fallimento del suo matrimonio, poi rivolta al marito e alla sua nuova compagna, infine sulla figlia. «Se fosse un complesso di Medea puro, la vendetta sarebbe direttamente nei confronti del marito, invece stando alle parole della donna omicida riguarderebbe maggiormente la nuova compagna e la gelosia per il rapporto che stava creando con la figlia. Possiamo intravedere quindi il complesso di Medea, ma non in forma pura», ha aggiunto Mezzanotte. Non si può escludere, dunque, che la sindrome di Medea si accompagni ad una psicopatologia.