Esiste una correlazione tra il Coronavirus e la cosiddetta sindrome tako-tsubo, ovvero quella forma di cardiopatia da stress che è stata ribattezzata con l’evocativo nome di “sindrome del cuore infranto”? Secondo alcuni ricercatori statunitensi parrebbe proprio di sì: infatti in uno studio condotto di recente in quel della Cleveland Clinic dell’omonima città dell’Ohio (USA) sono stati scoperti degli elementi che legano le due patologie e i cui risultati sono poi stati pubblicato sul prestigioso Journal of American Medical Association. Descritta per la prima volta in Giappone nel 1991, questa sindrome temporanea si caratterizza per quella che è una disfunzione del ventricolo sinistro mentre i sintomi simulano una sindrome coronarica acuta con dolori al torace e alterazioni nell’elettrocardiogramma. Secondo alcune stime, si tratta di una condizione che in Occidente riguarderebbe almeno il 2-3% di tutti coloro che hanno i sintomi di un infarto ed è causata da situazioni di stress emotivo molto intense: per quanto riguarda il nome, nella lingua nipponica “tako-tsubo” fa riferimento a una sorta di piccolo cesto con cui i pescatori catturano i polpi, e l’accostamento non è casuale dato che con questa sindrome proprio il ventricolo sinistro ricorda il cefalopode durante l’esame ecocardiografico.
CORRELAZIONE TRA COVID-19 E SINDROME “TAKO-TSUBO”? DUE LE IPOTESI
La ricerca statunitense sulla presunta correlazione è importante anche perché al momento rimangono molti punti oscuri circa questa sindrome -che ricordiamo essere temporanea e senza apparenti conseguenze sul lungo periodo- e le sue precise cause scatenanti (eventi stressanti, assunzione di determinati farmaci o comunque tutti quei fattori che portano a innalzare i livelli dell’adrenalina oppure della noradrenalina, due ormoni): infatti dai dati dello studio di cui sopra si è notato come, su 2000 pazienti ricoverati in strutture collegate alla Cleveland Clinic dal 2018 a oggi, c’è un aspetto interessante che emerge se si divide il campione tra i ricoverati pre-Covid-19 e il periodo Covid-19 (ovvero tra marzo e aprile). Infatti nel primo periodo si è registrata una media di 1,5% di pazienti affetti dalla sindrome, dato che invece è schizzato all’8% nel secondo intervallo di tempo; tra le possibili spiegazioni avanzate dai ricercatori ci sarebbe quella che il Coronavirus agirebbe sulle cellule muscolari del cuore causando degli spasmi, mentre un’altra ipotesi molto più accreditata è che l’origine della sindrome sia di natura… psicologica dato che si collega al timore di contrarre il virus oltre che alla paura di perdere i propri cari o di rimanere soli causa distanziamento sociale e lockdown.