È stato arrestato – dopo solamente una decina di giorni dai fatti su cui torneremo tra poche righe – Antonello Lovato, il titolare dell’azienda di Latina in cui lavorava il bracciante Singh Satnam: l’accusa a suo carico (per volere del Giudice per le indagini preliminari) è stata ridimensionata dall’iniziale omicidio colposo ad “omicidio doloso con dolo eventuale” che gli potrebbe costare una condanna ad almeno 21 anni di carcere. All’opinione del Gip arriveremo a breve, ma prima vale la pena ricordare cosa è successo a Singh Satnam, il bracciante indiano irregolare che lavorata – ovviamente in nero – per Lovato e che lo scorso 19 giugno è morto in seguito ad un incidente sul lavoro.
Fino a qui (verrebbe da dire) non c’è nulla di strano: gli incidenti capitano e le morti sul lavoro sono tristemente comuni sul nostro territorio; ma ad aggravare il quadro dell’accaduto in quel di Latina c’è il fatto che Lovato dopo l’incidente in cui Singh Satnam ha perso un arto, lo avrebbe caricato sul suo furgone – raccogliendo anche il braccio – per poi scaricarlo davanti alla sua abitazione: su quel marciapiede l’indiano è andato incontro ad una lenta e dolorosissima morte per dissanguamento.
Il Gip: “Lovato ha accettato il rischio che Singh Satnam morisse e se n’è disinteressato”
Tornando al Gip e all’arresto di Antonello Lavato, secondo la sentenza citata da alcuni organi di stampa italiana l’uomo avrebbe agito con fredda lucidità dopo l’incidente di Singh Satnam, con un comportamento “finalisticamente teso a dissimulare quanto accaduto, a tutti i costi. Carica il corpo nel furgone e separatamente l’arto amputato (..), abbandona il corpo e l’arto in via Genova, dandosi alla fuga”. Un atteggiamento definito dagli inquirenti “disumano e lesivo dei più basilari valori di solidarietà“, soprattutto perché – e qui il giudice cita l’analisi del medico legale – Singh Satnam “deceduto per la copiosa perdita di sangue, [se] fosse stato tempestivamente soccorso, si sarebbe con ogni probabilità salvato“.
Lovato – continua la sentenza – davanti allo “stato di semi incoscienza [del bracciante], con un arto amputato e copiosa perdita ematica”, avrebbe valutato lucidamente la situazione, “accettando consapevolmente il rischio” della morte di Singh Satnam; e dopo averlo abbandonato “si allontana repentinamente dalla senza, intima il silenzio dei presenti [e] provvede a ripulire le tracce ematiche dal furgone adoperato” dimostrando quello che il giudice chiama “intenzionale e volontario disinteresse delle probabili conseguenze del suo agire”.
Esulta per l’arresto di Lovato la comunità indiana del Lazio, rappresentata dal presidente Gurmukh Singh che – dicendosi “arrabbiato” per quanto accaduto a Satnam – sottolinea che “la cosa più brutta che ha fatto è stata quella di lasciarlo davanti alla sua abitazione invece di portarlo all’ospedale” ribadendo che “un incidente più capitare, ma non chiamare i soccorsi è inammissibile“.