Sinisa Mihajlovic, allenatore del Bologna, ha da poco pubblicato la sua autobiografia “La partita della vita”, scritta con Andrea Di Caro, vicedirettore della Gazzetta dello sport. In oltre 400 pagine, messe insieme durante il primo lockdown, Mihajlovic parla della sua infanzia difficile, del calcio, della malattia e sopratutto di sua moglie Arianna Rapaccioni, con cui l’anno prossimo festeggerà 25 anni di matrimonio: “La prima cosa che ho pensato quando l’ho vista è stata “chissà come sarebbero belli i nostri figli”. Sono perfino andato a chiedere la mano a suo padre, come si faceva una volta”, ha raccontato in una lunga intervista al settimanale Oggi. La moglie è sempre stata al suo fianco anche nei lunghi mesi della malattia: “In ospedale dormiva sulla sedia, mi sgridava se esageravo, mi stringeva forte. Arianna è l’unica al mondo che ha più palle di me, senza di lei non ce l’avrei mai fatta”.
SINISA MIHAILOVIC: IL RAPPORTO CON I FIGLI E LA MALATTIA
Nella lunga intervista a Oggi, Sinisa Mihajlovic ripercorre alcuni passi del suo libro, a partire dall’infanzia in Jugoslavia: “Mio padre era un brav’uomo, un pezzo di pane, ma beveva. E quando lo faceva diventata un altro. Mia madre è un soldato”, per questo con i suoi figli è molto affettuoso. L’allenatore parla anche del difficile rapporto con Marko, il primo figlio avuto da una relazione giovanile: “Non lo sento da un anno. Lo chiamerò io quando sarò pronto”. Durante la malattia è rimasto molto colpito dall’affetto mostrato i bolognesi: “la gente non guardava al Mihajlovic, ma all’uomo“. Ora che ha vinto la sua battaglia con la leucemia, Mihajlovic confessa di essere cambiato e che dopo il trapianto di midollo è diventata un piagnone: “Il cancro mi ha reso un uomo migliore o almeno lo spero. Anche perché peggio non si poteva essere…”