Siniša Mihajlović, il padre di Viktorija, ha vinto la sua battaglia contro la leucemia. Una lunga e durissima lotta che l’ex calciatore, oggi allenatore del Bologna, ha raccontato nel libro “La partite della vita” co-scritto con Andrea Di Caro, giornalista della Gazzetta dello Sport. Un racconto intenso fatto di dolore, ma anche speranza e coraggio. Intervistato da Sky Sport, l’allenatore si è raccontato a cuore aperto mostrando anche le sue fragilità che spesso si trasformano in lacrime che non ha alcuna paura di mostrare. “La vita è una cosa meravigliosa – ha dichiarato l’ex campione di calco – e specialmente quando passi ciò che ho passato io, poi ti godi tutto al massimo, ogni dettaglio. Io praticamente sono nato due volte, la prima il 20 febbraio del 1969 e la seconda il 29 ottobre del 2019, a 50 anni di distanza. Vedere un uomo duro che piange fa tenerezza. Con questa malattia ho imparato a tirare fuori le emozioni, ho imparato a piangere e non mi vergogno di farlo: nessuno deve vergognarsi di farlo. Prima tenevo tutto dentro, poi ho capito che piangere è una cosa positiva, così come dimostrare i propri sentimenti alle persone che si amano”. Parlando della sua malattia, Sinisa non ha nascosto: “avevo voglia di vivere, di combattere. Non potevo permettermi di andare via. Non potevo permettermelo per mia moglie, per i figli, per mia madre. Non è quello il giusto ciclo. Per questo mi sveglio sempre felice. Anche in ospedale lo facevo. Il momento più bello era il risveglio la mattina, dopo la notte passata da solo coi propri pensieri”.
Siniša Mihajlović e la malattia: “ho avuto paura, ma…”
Siniša Mihajlović non nasconde però di aver avuto, come tutti, paura della malattia. “Certo, avevo paura. Sognare, anche diverse volte, il proprio funerale è strano. Ma non ho mai perso la speranza, legata alla mia voglia di combattere: mi nutrivo del mio coraggio” – ha precisato l’allenatore del Bologna che sottolinea quanto siano stati importanti i medici e le cure. “Se non c’erano i dottori e le cure potevo anche essere coraggioso ma non ce l’avrei fatta” – ha dichiarato a Sky Sport ringraziando anche il pubblico che c’è sempre stato – “l’affetto della gente provocava in me due sentimenti contrastanti: ero contento quando dal balcone li vedevo radunati, venuti apposta per salutarmi, vedere quanta gente mi volesse bene. Ma provavo anche tristezza per il fatto di non poter essere lì con loro, insieme alla gente. Ma in fondo non ho mai avuto dubbi, sapevo che ce l’avrei fatta”. Sul finale poi il campione ha un messaggio per chiunque si ritrovi a dover affrontare la malattia: “donare può salvare una vita, e non ci vuole tanto. E’ una cosa bellissima e nobile. Ma voglio anche dire che nella malattia non bisogna mai perdere la voglia di vivere e di combattere”.