La sinistra illiberale è una minaccia: l’Economist senza troppi giri di parole nel servizio apparso in copertina lo scorso 4 settembre. Il celebre settimanale punto di riferimento del liberalismo anglosassone ha accennato alla doppia minaccia che si trova ad affrontare il liberalismo occidentale: da una parte le superpotenze autocratiche Cina e Russia, in patria il populismo di destra e di sinistra…
L’analisi dell’Economist sui progressisti è impietosa, soprattutto sul versante Stati Uniti, dove il termine “liberal” ha finito per includere la “sinistra illiberale”. Un termine utilizzato per definire l’atteggiamento intollerante e scettico nei confronti del mercato, con un riferimento neanche troppo velato a fenomeni come la cancel culture e il politicamente corretto.
ECONOMIST: “SINISTRA ILLIBERALE È UNA MINACCIA”
Nel corso del lungo articolo, l’Economist ha sottolineato che i “classical liberals” e la sinistra illiberale vogliono molte delle stesse cose: entrambi credono che le persone dovrebbero essere in grado di prosperare qualunque sia la loro sessualità o razza, o ancora credono nella desiderabilità del cambiamento. Ma ciò che divide le due fazioni è come realizzare queste cose. Per i primi il progresso deve essere spontaneo e dall’alto verso il basso, con una netta separazione dei poteri. Per la sinistra illiberale, invece, è necessario mettere il proprio potere al centro delle cose: il vero progresso è possibile solo dopo aver provveduto allo smantellamento delle gerarchie razziali, sessuali o di altro tipo.
Una diversità di vedute che ha profonde implicazioni: l’Economist spiega che i classical liberals credono nella creazione di condizioni iniziali eque e nel lasciare che gli eventi si svolgano attraverso la concorrenza, ad esempio eliminando i monopoli aziendali, aprendo le corporazioni, riformando radicalmente la tassazione e rendendo l’istruzione accessibile con i voucher. La sinistra illiberale, si legge, vede il “laissez-faire” come un pretesto che potenti interessi acquisiti usano per preservare lo status quo. Ma non solo. L’Economist mette in risalto che il classical liberalism sta lottando e faticando in tutto il mondo per diverse ragioni, innanzitutto perché populisti e progressisti si alimentano a vicenda in modo patologico. Una frase sintetizza in maniera chiara la visione del settimanale: «La società che mette l’eguaglianza prima della libertà finirà per non avere né l’una né l’altra».