Si è chiuso con la Santa Messa questa mattina in Vaticano il Sinodo per l’Amazzonia dove tra i tanti problemi sollevati dai Vescovi del Sud America presenti nella lunga riunione (quasi un mese, ndr) con Papa Francesco che nell’omelia ha esaltato la questione centrale dei poveri: «Per praticare la “religione di Dio” e non quella “dell’io” dobbiamo riconoscerci poveri dentro, bisognosi di misericordia e frequentare i poveri, per ricordarci che solo nella povertà interiore agisce la salvezza di Dio». Nel Sinodo per l’Amazzonia «abbiamo avuto la grazia di ascoltare le voci dei poveri», il loro grido, che «è il grido di speranza della Chiesa. Facendolo nostro, anche la nostra preghiera attraverserà le nubi” e salirà dritta a Dio», sono le parole del Pontefice davanti ai padri sinodali appena congedati con il documento finale del Sinodo dove ogni paragrafo ha ricevuto il voto almeno dei 2/3 dell’assemblea per un via libera finale che ora spetta allo stesso Papa Francesco. Davanti alla Piazza San Pietro stracolma anche di pellegrini da Brasile e altri PaesI dell’Amazzonia, il Santo Padre nell’Angelus ha parlato non con riferimenti diretti ma facendo intuire il resoconto della vicenda sinodale: «Il Sinodo dei vescovi sull’Amazzonia ha voluto aprire nuove strade all’annuncio del Vangelo. Ci siamo sentiti spronati a prendere il largo, a lasciare i lidi confortevoli dei nostri porti sicuri per addentrarci in acque profonde: non nelle acque paludose delle ideologie, ma nel mare aperto in cui lo Spirito invita a gettare le reti».
IL TESTO FINALE DEL SINODO AMAZZONIA: APRE AI PRETI SPOSATI?
Papa Francesco ha poi aggiunto nell’Angelus post-Sinodo Amazzonia, «Ciascuno di noi si sarà chiesto tante volte che cosa fare di buono per la propria vita; oggi chiediamoci: ‘Io, che cosa posso fare di buono per il Vangelo?’ Nel Sinodo ce lo siamo chiesti, desiderosi di aprire nuovi cammini all’annuncio del Vangelo». Osservando il testo finale, i media italiani sono concordi che vi si può leggere – tra le righe – una prima significativa apertura ai preti sposati, anche se non ha utilizzato il termine tanto discusso dei “viri probati” (uomini sposati di comprovata fede. «Proponiamo di stabilire criteri e disposizioni da parte dell’autorità competente, nell’ambito di Lumen Gentium 26, di ordinare sacerdoti uomini adatti e riconosciuti della comunità, che abbiano un proficuo diaconato permanente e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato, potendo avere una famiglia legalmente costituita e stabile da sostenere la vita della comunità cristiana attraverso la predicazione della Parola e la celebrazione dei Sacramenti nelle aree più remote della regione amazzonica»: questo passaggio della redazione finale del documento sinodale (il paragrafo 111) è stato quello più dibattuto, spiega l’Adnkronos, con maggior numero di ‘non placet”, ben 41. In pratica, il Vaticano apre all’ordinazione sacerdotale per diaconi permanenti, dunque un passaggio “per gradi” che potrà anche portare all’apertura in generale ai “viri probati”: «Se uno non vuole essere prete deve essere prima diacono se vuole essere tra i ‘viri probati’, prima si deve essere ‘viri probati’ diaconi. Insomma, si deve andare per gradi», ha spiegato il cardinale Christoph Schonborn anche lui tra i padri del Sinodo per l’Amazzonia.
NO APERTURE ALLE DONNE DIACONESSE
Niente apertura totale nel Sinodo per l’Amazzonia alle donne diaconesse, con particolare disappunto dei vescovi amazzonici: «Dobbiamo stare attenti a coloro che non vogliono cambiare nulla, che vogliono che le cose finiscano qui, e anche fare attenzione ai profeti di sventura. Il documento finale di questo Sinodo sarà uno strumento molto importante, ma non è il documento che determinerà i nuovi percorsi», si legge in un comunicato molto irrituale presentato dai vescovi che nel Sinodo volevano maggiori aperture da parte della Chiesa. Papa Francesco ha risposto a distanza in maniera “indiretta”, ma ha spiegato «Chiesa deve essere sempre riformata, salvando però la tradizione che è la salvaguardia del futuro, non la custodia delle ceneri».