Michael Koubi, ex capo del dipartimento Interrogatori dello Shin Bet israeliano, è sicuramente l’uomo “occidentale” che meglio conosce Yahya Sinwar, leader assoluto di Hamas, ritenuto mente principale dietro all’attacco del 7 ottobre. Di una cosa si dice certo in un’intervista per Repubblica, ovvero che il leader dei terroristi “non si arrenderà mai e non accetterà mai di lasciare Gaza. Preferisce morire da martire e sono certo che creerà problemi ad Israele fino all’ultimo istante della sua vita”.



Con Sinwar Koubi racconta di aver passato “dalle 150 alle 180 ore” di interrogatori durante la sua prigionia “nel 1989”. All’epoca, ricorda, “mi ha raccontato per filo e per segno quello che avrebbero fatto e che poi è quello che hanno fatto il 7 ottobre. Era quello che aveva promesso, quello che per vent’anni aveva sognato”. Di lui ricorda “tutto. Come di muoveva, come parlava, i suoi occhi, quello di un assassino spietato. Non ha mai riso, mai sorriso”. Nei loro colloqui, ricorda ancora Koubi, Sinwar “mi ha raccontato come aveva ucciso dodici persone. Senza battere ciglio” ed oggi non fatica a definirlo “uno psicopatico. È intelligenze, razionale ed estremamente aggressivo”.



Michael Koubi: “Sinwar è mosso dalla volontà di uccidere tutti gli ebrei”

Yahya Sinwar, inoltre, racconta ancora Michael Koubi, è guidato “da un’idea distorta della religione, dei precetti del Corano: crede al 100% che tutti gli ebrei debbano essere uccisi. Non stiamo parlando di una persona normale ma di qualcuno che da questa ossessione è guidato in ogni azione”, al punto che “sottoterra con lui, in quei tunnel, c’è il suo unico figlio. Sa che morirà, che lo prenderanno [e] lui ha scelto che quel ragazzino muoia, in nome della sua causa”.



La pausa nei combattimenti accordata anche da Sinwar, sottolinea Koubi, non deve essere vista come una sorta di compromesso, perché in realtà “è servita a lui e a Mohammed Deif per riorganizzarsi” e al contempo “le indiscrezioni su un nuovo negoziato sono una farsa” perché sarebbe disposto ad accettare il rilascio di tutti gli ostaggi “solo in cambio di uno stop totale, e Israele a questo non acconsentirà mai”. Koubi, nei confronti di Sinwar, è certo che “non avremmo mai dovuto liberarlo. Né lui, né gli altri. Lo dissi ai politici”, ricorda, “lo dissi a chi nel Mossad siglò il patto. Gli uomini di Hamas erano 500 nel 1989, quando venne arrestato: avremmo potuto fermarli allora”.