Secondo i documenti desecretati relativi alle operazioni occulte della Cia – datate 14 settembre 1983 con il codice 06DAMASCUS5399 svelate da WikiLeaks – relative alla guerra Iran-Iraq, le operazioni poste in essere dall’agenzia americana erano volte a destabilizzare il regime siriano che rappresentava una minaccia agli interessi americani sia in Libano sia nel Golfo.
Proprio allo scopo di incrementare le pressioni contro il regime di Hafez al Assad l’agenzia avrebbe manipolato il malcontento turco nei confronti della Siria a causa dell’appoggio che la Siria aveva offerto al terrorismo armeno, ai curdi iracheni nella zona del Kurdistan turco e ai terroristi turchi che operavano nel nord della Siria; inoltre secondo l’agenzia la Siria interferiva direttamente con gli interessi americani in Medio oriente.
Altrettanto interessante è un documento del luglio del 1986 in cui vengono presentati diversi scenari per destabilizzare la Siria: veniva prevista una reazione eccessiva del governo di fronte ad atti di poco conto determinati dall’opposizione sunnita, atti che avrebbero potuto scatenare importanti proteste che avrebbero in teoria potuto degenerare in guerra civile.
In un altro documento riportato da WikiLeaks del 2016 vengono indicate alcune strategie per fare cadere Bashar al Assad e per dare in questo modo una maggiore sicurezza a Israele che, come sappiamo, è considerato uno strettissimo alleato degli americani: in questo documento si afferma che il Dipartimento di Stato non vuole che la Siria si doti di armi nucleari perché non solo in questo modo avrebbe posto fine al monopolio israeliano in Medio oriente, ma avrebbe potuto spingere altri avversari come Arabia Saudita e Qatar a dotarsi di armi nucleari.
Far cadere il regime di Assad avrebbe quindi aumentato la sicurezza di Israele e nello stesso tempo avrebbe ridotto il timore comprensibile di Israele di perdere il monopolio nucleare. Per realizzare questo obiettivo era escluso un intervento diretto contro la Siria; era invece necessario allearsi con Turchia, Arabia Saudita e Qatar per addestrare e armare le forze ribelli siriane. A questo scopo, sembra che la Cia e l’intelligence inglese avrebbero portato armi e munizioni dalla Libia in Siria grazie a finanziamenti turchi, sauditi e qatarioti. Infine si proponeva di formare una coalizione internazionale che si sarebbe creata al di fuori delle Nazioni Unite per evitare il veto contrario della Russia allo scopo di condurre operazioni aeree mirate.
È evidente che questa strategia indiretta, ben lungi dall’essere una novità, sotto il profilo della storia militare-rappresenta al contrario una costante che è stata perseguita da tutti gli Stati europei – e non – nel corso del tempo. Questa affermazione non equivale a dare una giustificazione né di ordine giuridico né di ordine morale ma si limita semplicemente a prendere atto di una situazione che sul piano storico si è oramai consolidata. Precisato questo, è altrettanto evidente che gli Stati Uniti – al pari di altri Stati come la Francia, la Gran Bretagna o la Russia – hanno portato avanti e portano avanti operazioni di destabilizzazione per tutelare i propri interessi e quelli dei propri alleati senza curarsi tuttavia delle conseguenze che queste operazioni determinano a medio lungo termine. Veniamo adesso ad alcune considerazioni conclusive.
In primo luogo gli scenari che vengono costruiti dai vari analisti hanno un respiro breve e soprattutto escludono in modo ingenuo e pericoloso l’esistenza di innumerevoli variabili che possono venire a crearsi nel corso del tempo e che possono completamente ribaltare la situazione.
La seconda considerazione da fare è invece relativa all’impressionante somiglianza che queste operazioni di destabilizzazione hanno con l’attuale situazione in Ucraina: ancora una volta gli Stati Uniti e i loro alleati della Nato hanno finanziato e addestrato – come abbiamo sottolineato in articoli precedenti – sia le istituzioni militari ucraine che i think tank ucraini allo scopo di dissanguare gradualmente ed inesorabilmente la Russia. Tuttavia gli unici Paesi che saranno dissanguati sul piano economico da questa strategia – almeno fino a questo momento – saranno quelli europei e quelli africani.
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