Una recente storia resa pubblica dallo Spectator britannico (e poi rilanciata da numerosi altri quotidiani, tra i quali il DailyMail) è destinata a dar vita ad un ampio dibattito sul funzionamento della CEDU – ovvero la Convenzione europea sui diritti dell’uomo – in teatri operativi delicati come la Siria dimostrando come quelle stesse leggi pensate per tutelare gli esseri umani possano trasformarsi in una vera e propria sentenza a morte: per recuperare la storia occorre fare un salto indietro fino al 2022 spostandoci – appunto – nella Siria che in quel periodo era teatro del conflitto europeo contro i miliziani dell’ISIS.



Al culmine di un’ampia operazione di raccolta delle informazioni, la RAF britannica riuscì a risalire al nome, all’aspetto e alla posizione di un ingegnere al servizio dell’ISIS incaricato della costruzione delle armi chimiche in uso ai terroristi: l’uomo – che si suppone fosse in possesso di alcune informazioni importanti sugli altri miliziani e sui possibili piani di attacco dello Stato islamico – venne individuato ed immediatamente ucciso con due missili Hellfire sparati da un drone Reaper al posto di essere (come sarebbe più coerente immaginare e supporre) arrestato e processato mettendo anche le mani su quelle presunte informazioni sensibili.



Siria, terrorista ISIS ucciso con un drone: “La CEDU ci impediva di arrestarlo ed era pericoloso”

Una decisione – quella presa dai militari della RAF in Siria – che è stata motivata solamente a due anni di distanza dall’uccisione violenta del terrorista dal Segretario di Stato ombra della giustizia Robert Jenrick che ha chiarito che in quel caso specifico la decisione si riduceva all’uccisione con il drone, oppure al tentativo di arrestarlo con la certezza che sarebbe stato presto liberato: un certezza – dicevamo in apertura – legata proprio alle regole CEDU che impediscono agli stati europei di consegnare i terroristi alla Siria in quanto paese ‘non sicuro’ che li sottoporrebbe a torture quasi certe; né – al contempo – di trasferirli nel Regno Unito per sottoporli ad un giusto processo dato che non esiste un canale diretto di estradizioni dal territorio (appunto, non sicuro) siriano.



Una scelta – insomma – certamente difficile, ma dettata dalla necessità di neutralizzare un possibile terrorista pericoloso in grado di fabbricare armi chimiche che potrebbero distruggere facilmente un’intera città in poche ore; ma a rendere il tutto ancor più complesso e dibattuto c’è anche la dichiarazione dell’ex ministro della Difesa britannico Ben Wallace che ha confermato di aver autorizzato personalmente molti attacchi simili, pur preferendo l’ipotesi di un processo su terra inglese che eviterebbe – quanto meno – di rendere i miliziani dell’ISIS “dei martiri”.