Recentemente la Siria è tornata sotto i riflettori mediaci italiani, dopo l’arresto a Messina di un migrante che si suppone collegato al gruppo terroristico islamico Jabhat Al Nusra. Per capire meglio cosa succeda, e i possibili rischi che Italia ed Europa corrono, il quotidiano Libero ha intervistato Randa Kassis, presidente della Piattaforma Astana ed esponente dell’opposizione politica contro il governo di Damasco.
La politica della Siria parla chiaro e spiega che “non bisogna sottovalutare la possibilità che estremisti siriani in fuga cerchino riparo in Italia”. Dubita, però, che l’obiettivo di Jabhat Al Nusra sia organizzare attentati perché “non l’hanno mai fatto all’estero”, ma “non esiste il rischio zero”. Piuttosto, spiega ancora la politica, il gruppo definito dall’ONU terroristico, “sta cercando di essere accettato dall’Occidente“. Nonostante il terrorismo, però, secondo Kassis il rischio da cui dovrebbe guardarsi di più l’Europa in questo momento “è Damasco”, puntando il dito contro il governo della Siria, visto dall’occidente come un vero e proprio regime.
La Siria e il ricatto della droga
Secondo Randa Kassis, politica della Siria, insomma, il più importante pericolo è il “ricatto del captagon”, ovvero la droga stimolante utilizzata ampiamente dai jihadisti. “Il commercio delle sostanze stupefacenti”, spiega, “per il regime di Bashar Al Assad rappresenta ormai l’unica fonte di entrate economiche e fattura 57 miliardi di dollari l’anno“, mentre la popolazione versa in condizioni tragiche di povertà da circa un decennio.
“In Siria operano numerose fabbriche che lo producono”, continua a spiegare Kassis del captagon, “e poi lo smistano all’estero attraverso la rete degli Hezbollah libanese”. Precedentemente i mercati principali erano in Libano, in Giordania ed in Arabia Saudita, ma “i governi hanno chiesto di rallentare l’importazione. Così Assad” è passato all’Europa. Il regime, spiega ancora la politica, “ha stretto un accordo con la criminalità italiana” per portare droga in Italia ed in Europa, in un “meccanismo di ricatto: o togliete le sanzioni economiche contro la Siria oppure continueremo a inondarvi di droga”. In tutto questo, spiega ancora Kassis, “invece di affrontare l’emergenza, le istituzioni comunitarie sembrano dormire”.